Pil, in Italia la crescita superiore alle attese. Male Germania e Austria

Il Belpaese porta a casa un tendenziale del 4,6%, ma preoccupa l’inflazione. 

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Istat ha diffuso il dato di stima preliminare del PIL che assegna nel II trimestre 2022 all’Italia una crescita dell’1% sul trimestre precedente e del 4,6% in termini tendenziali, una situazione in decisa controtendenza con gli Stati Uniti che sono ufficialmente entrati in recessione tecnica marcando una decrescita del Pil del -0,9% e la stessa Germania, in procinto di esserlo.

«Il nostro Paese pur essendo l’economia maggiormente esposta ai rincari energetici e delle materie prime, ha mostrato – fa rilevare il capo economista di Nomisma, Lucio Poma – una straordinaria vitalità che ha radici nello slancio del 2021. Continuano a maturare gli investimenti organizzativi e innovativi realizzati dalle imprese capofila che si riverberano lungo l’intera filiera produttiva. L’inflazione resta stabile. Tuttavia, per la prima volta l’inflazione di fondo è leggermente superiore alla componente volatile: il Paese cresce, ma il potere d’acquisto dei cittadini cala. Al momento, data la situazione internazionale, va bene così, ma più avanti i salari dovranno iniziare a crescere o l’inflazione a calare».

Proprio l’andamento dell’inflazione preoccupa il commercio. Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio«l’economia italiana continua a sorprendere con una stima di crescita del Pil nel secondo trimestre dell’1,0%, un risultato che è superiore alle attese (la nostra stima era di +0,5%). Il dato, che ci colloca tra i migliori in Europa, solo la Spagna tra i grandi Paesi ha fatto meglio, conferma, tra l’altro, l’importanza del turismo, e dei servizi in generale, nel rilancio dell’economia. Alla luce di questo dato, se confermato, una crescita nel 2022 anche superiore al 3% appare un risultato largamente possibile. In un biennio l’Italia crescerebbe di circa il 10%, recuperando la perdita del 2020».

Su questa dinamica, però, «continuano a gravare le incognite legate alla situazione internazionale (guerra, tensioni sulle materie prime, rallentamento dell’economia mondiale) e agli effetti della decisa crescita dei prezzi al consumosui comportamenti delle famiglie. L’inflazione, seppure segnali un modesto rallentamento del tasso di variazione su base annua (dall’8,0% di giugno al 7,9% di luglio), si mantiene a luglio ai massimi degli ultimi decenni. Le tensioni originariamente partite dall’energetico sono ormai diffuse, con un’inflazione di fondo che ha raggiunto il 4,1% tendenziale – afferma l’Ufficio studi di Confcommercio -. E’ inevitabile che questa situazione si rifletta nei prossimi mesi sulle decisioni di acquisto delle famiglie, non solo italiane, limitando le possibilità di espansionedell’economia».

Se in Italia si sorride e si guarda con meno tensioni l’autunno prossimo, in Germania le cose vanno decisamente peggio. La locomotiva d’Europa è ferma e, con l’acuirsi della crisi del gas, la recessione in Germania è sempre più probabile.

Il Pil a crescita zero nel secondo trimestre del 2022 – stando al Destatis è addirittura calato di uno 0,04, – concretizza i timori di molti economisti, che da settimane lanciano l’allarme sulla minaccia che incomberebbe sulla ricca società tedesca. In questi mesi drammatici in gioco c’è la perdita del benessere per le future generazioni.

A peggiorare la situazione il dato diffuso dall’Agenzia federale del Lavoro che ha rilevato un aumento a lugliodella disoccupazione, con un tasso aumentato dello 0,1 al 5,4%.

«A causa dei prezzi dell’energia e la minaccia della scarsità del gas, che pesano sulla congiuntura, la Germania è sulla soglia della recessione» commenta il presidente dell’Ifo, Clemens Fuest. Anche l’indice che misura la fiducia degli imprenditori, pubblicato dall’Ifo, ha registrato a luglio una evidente contrazione, passando da 92,2 punti a 88,6.

Toni pessimisti in una lettera del DIHK (Industria tedesca e Unioncamere) rivolta ai suoi associati: «quello che stiamo vivendo attualmente è l’inizio di una nuova realtà del mondo». E la Germania è fra i paesi che rischiano di rimetterci di più: «è in gioco il benessere nostro e delle future generazioni».

Situazione critica anche in Austria, dopo che il Pil nel II trimestre 2022 rallenta a +0,5% a causa della spesa debole dei consumatori, rispetto al +1,5% del primo trimestre. Secondo l’Istituto austriaco di ricerca economica(Wifo), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il Pil è cresciuto del 4,7%, un dato inferiore al +8,7%registrato nel primo trimestre. In ogni caso, è stato del 2% più elevato rispetto al periodo pre-crisi. La crescita delle esportazioni è migliorata, passando al 2,7% dal 2,3% del precedente trimestre, mentre è rallentata la crescita delle importazioni, dal 3,7% allo 0,5%.

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