Fatturato dell’industria italiana, nonostante la grande incertezza sul futuro dell’economia, anche a maggio 2022 fa il pieno di ricavi. Secondo i dati diffusi dall’Istat, a gonfiare gli utili delle aziende è in gran parte l’effetto del caro energia, che fa inevitabilmente lievitare i listini provocando un aumento dei prezzi dei beni prodotti. Dietro il record c’è il volanodell’inflazione che gira a pieno regime e che in questa fase sta costringendo le banche centrali, Fed e Bce in prima fila, a varare il rialzo dei tassi della politica monetaria alimentando i timori di una recessione per la fine anno.
A maggio il fatturato dell’industria italiana, mantenendosi ai massimi dal 2000, è cresciuto dell’1,4% rispetto al mese precedente e del 23,6% rispetto al maggio del 2021, anche se il dato sui volumi, depurato dalla componente prezzi (calcolato a prezzi costanti), cala su base annua a un più modesto +5,9%, testimoniando comunque un buon stato di salute delle aziende italiane, grazie anche ad ordini che si mantengono ben oltre la media dopo il lungo stallo dovuto alla pandemia.
La condizione economica positiva delle aziende italiane emerge anche dalla pubblicazione dei bilanci trimestralie semestrali diffusi in questi giorni, caratterizzate nella gran parte dei casi da un andamento dei conti decisamente migliore rispetto alle attese.
Da parte delle associazioni dei consumatori si sottolinea come i buoni dati siano «dopati dal caro-prezzi, rappresentando di fatto un’illusione ottica». L’Unione nazionale dei consumatori e il Codacons denunciano come «gli extra profitti milionari delle industrie energetiche, un regalo immeritato e intollerabile, gonfiano il fatturato con un +72,7% su maggio 2021 e un +9,8% su aprile 2022. Alla base della forte crescita su base annua del fatturato non vi è certo una accelerazione delle attività dell’industria italiana, ma l’impennata dei prezzi».
La situazione economica italiana e internazionale non è del tutto rosea e per la fine anno ci si attende un cambio di posizione verso l’area negativa. Il secondo trimestre consecutivo di calo del Pil Usa che certifica di fatto una recessione tecnica. O come messo in evidenza dal crollo a luglio della fiducia di consumatori e impresedell’Eurozona, con l’indice Esi sulle aspettative economiche sceso di 4,5 punti. Senza contare l’indicatore che misura le aspettative occupazionali (Eei) che perde ben 3,6 punti. O, ancora, la situazione economica della Germania, dove l’industria è in affanno da mesi e la continua riduzione di forniture energetiche dalla Russiapotrebbe dare il colpo finale. Con conseguenze anche sull’economia italiana, specie quella del Nord strettamente integrata con quella teutonica.
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