Alla fine, anche un “duro” come Mario Draghi ha dovuto gettare la spugna logorato dai tatticismi delle varie forze politiche presenti in Parlamento, aprendo la strada al voto anticipato, anche se anche lui ci ha messo del suo, giungendo a “stimolare” il voto contrario di M5s, Lega e Forza Italia.
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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo le rinnovate dimissioni di Draghi in Parlamento ha preso in mano la situazione, firmando il decreto di scioglimento anticipato delle camere, con la possibilità che si voti nella seconda metà di settembre, giusto in tempo per poi realizzare, con il nuovo governo, gli adempimenti tecnici legati all’approvazione delle scadenze finanziarie di fine anno.
Qualcuno si straccia le vesti per la fine anticipata della legislatura: a parte coloro che torneranno rapidamente a reddito zero, ci si dovrebbe chiedere cosa sarebbe successo se la pantomima messa in atto dai vari partiti fosse continuata per altri sei mesi, visto che alla fine a marzo del 2023 si sarebbe comunque andati a votare, con lo scioglimento del Parlamento al più tardi a gennaio 2023. Forse, l’aver posto la parola fine alla legislatura, con tutta probabilità una delle peggiori di tutta la storia repubblicana, non è del tutto un male, anzi: dalle urne, l’unica certezza è che si assisterà all’eutanasia del M5s, la realtà che più di tutte ha contribuito a terremotare la politica nazionale, a partire dall’aggravio dei conti pubblici con almeno 50 miliardi di maggiore spesa, spesso clientelare ed improduttiva. Del resto, i sondaggi, una sorta di moderni aruspici, danno il centro destra possibile vincitore del voto anticipato, ma c’è sempre l’alea che a ridosso delle elezioni ci sia qualche magistrato militante che piazzi a bella posta un’inchiestina a carico di qualche personaggio di primo piano del centro destra, così per dare una “manina” allo schieramento opposto a rimontare una situazione in cui il centro sinistra viene dato largamente perdente.
Tutto può succedere, ma dal voto anticipato gli elettori si aspettano dai partiti una cosa su tutte: che i vari leader mettano in lista personaggi di qualità, che abbiano dietro di sé un’esperienza di lavoro, capacità professionali, un titolo di studio, la conoscenza basilare delle lingue – a partire dall’italiano – e della geografia. Se invece si assisterà a liste infarcite di amici, amichette, personaggi di secondo o terz’ordine, allora ci si aspetti una diserzione in grande stile dalle urne e una delegittimazione della politica – e, soprattutto, dei vari leaderini – ancora prima di aprire i giochi.
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