Il Consiglio europeo dei ministri all’ambiente ha confermato la decisione della Commissione europea contenuta nel piano “Fit for 55” e votata dall’Europarlamento: a partire dal 2035 sarà vietato commercializzare sul mercato europeo veicoli nuovi dotati di motore a combustione interna. Di fatto, l’unica forma concreta di mobilità per gli anni a venire sarà costituita da veicoli a trazione elettrica.
Uno scenario, quello disegnato dal Consiglio europeo, che pone parecchi punti di problematicità ecologica, economica e sociale, che non sono stati presi in considerazione da parte di una classe politica eccessivamente imbevuta di ideologismo ecologista, che fa a pugni con quello stesso ambiente che si vorrebbe tutelare.
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Di fatto, la sostituzione della mobilità elettrica a quella termica non abbatterà l’inquinamento oggi causato da quest’ultima, vuoi perché il contributo climalterante causato dalla mobilità termica è inferiore all’1% di quell’8% di cui, a livello globale, è responsabile la realtà europea.
Di più: per sostituire la mobilità con veicoli a combustione con quelli elettrici sarà necessario produrre molte più batterie – che hanno un costo energetico decisamente alto con le conseguenti emissioni, spesso correlate all’utilizzo di carbone come avviene in Cina – e molta più energia elettrica che sarà mediamente ben lungi da essere solo quella rinnovabile, visto la corsa in atto in Europa alla riattivazione delle centrali a carbone dismesse.
Di fatto, secondo molti autorevoli pareri, i veicoli elettrici tanto cari a Bruxelles (e a Pechino che già si frega le mani per gli affari fantastiliardici che la decisione europea gli porterà) si limiteranno non a ridurre, ma a sostituire le emissioni causate da quelli termici, con zero vantaggi ambientali.
Le cose non migliorano sotto l’aspetto economico, perché l’Europa passerà da una pluralità di fornitori energetici – petrolio e gas si possono acquistare ovunque nel mondo – ad una dipendenza stretta dal monopolio cinese in fatto di materiali necessari per la produzione di batterie e magneti per la realizzazione dei motori di trazione.
Di fatto, la culla che ha creato la tecnologia di mobilità più efficiente e ambientalmente meno impattante come il motore Diesel, abiura ad oltre 100 anni di scoperte scientifiche e tecnologiche per abbracciare acriticamente e ciecamente una tecnologia lungi dall’essere efficiente e ambientalmente efficace, con in più il forte vincolo geostrategico di dipendere esclusivamente dal monopolista cinese.
L’aspetto economico riguarda anche le ricadute sul tessuto produttivo e sociale, perché il passaggio dalla produzione di veicoli con motore termico a quello elettrico necessita di molti meno componenti e, conseguentemente, di mano d’opera, con il risultato che nella sola Italia saranno eccedentari almeno 70.000 lavoratori, quasi un milione a livello europeo. Per non dire della chiusura di centinaia di aziende specializzate in parti difficilmente riconvertibili alla mobilità elettrica.
A Bruxelles ci si dovrebbe chiedere seriamente se tale scenario vada effettivamente a fare gli interessi del continente quando, piuttosto, parerebbe il risultato positivo di un’eccezionale politica di lobby messa in opera da emissari del governo cinese, politica accettata senza alcuna valutazione indipendente sulle sue ricadute dai governanti europei.
In questa puntata di “Focus” di “ViViItalia Tv”, condotta dall’esperto di comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e dal direttore de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena la responsabile delle relazioni istituzionali di Anfia, Fabrizia Vigo, fa il punto dello scenario approvata dal Consiglio europeo che si realizzerà da ora al 2035.
Buona visione.
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