Dopo un 2020 martoriato dalla pandemia, durante il quale il settore lattiero caseario ha dato prova di grande resistenza garantendo di fatto la sopravvivenza della filiera, il 2021 era atteso come anno dedicato alla ripresa del mercato e dei consumi, ma così non è stato come si è evidenziato alla LXXVII assemblea di Assolatte.
Postumi dei confinamenti a parte, a caratterizzare negativamente l’anno sono intervenuti gli aumenti esponenziali deiprezzi delle materie prime, semilavorati, energia e servizi essenziali come il trasporto marittimo. Tra i più impattanti, il gas naturale, cresciuto del 400%, del 170% quello dei noli dei container, mentre il cartone ha avuto rincari medi del 48%, la plastica del 73%, i pallet del 46%.
Anche in questo frangente, la risposta delle aziende del settore lattiero caseario è stata eccellente. Fattore positivo, le consegne di latte, cresciute del +3,3% attestandosi a 13,1 milioni di tonnellate.
La produzione dei derivati ha potuto esprimere incrementi tra i più elevati dell’Unione europea. La disponibilità di burroè salita del 2,1%, yogurt e altri latti fermentati del 6,4%, il latte alimentare del 7,2%, i formaggi del 5,3%.
Nel dettaglio dei formaggi – comparto in assoluto a maggior valore aggiunto – con quasi 400.000 tonnellate la mozzarella si è confermata il formaggio più prodotto. Buone performance di crescita anche per gli altri freschi, come mascarpone e burrata.
Per quanto riguarda il comparto DOP – ovvero la metà della produzione casearia nazionale – con il 35% dei volumi si posiziona al primo posto il Grana Padano. Seguono il Parmigiano Reggiano (28%), Gorgonzola e Mozzarella di BufalaCampana con quote simili (11% e 9%), Pecorino Romano (6%), Asiago (4%) e Taleggio (2%).
Purtroppo, gli acquisti domestici hanno segnato il passo, sia nel latte alimentare (-2,3%) che nei formaggi (-1,5%). Un recupero parziale è avvenuto solo grazie alla riapertura del canale food service.
Anche nel 2021 il motore della crescita è stato l’export. Nel loro insieme, i prodotti lattiero-caseari hanno generato 4,1 miliardi di euro di fatturato, di cui 3,5 miliardi legati ai soli formaggi. Questi ultimi hanno superato per la prima volta le 500.000 tonnellate, attestandosi a 521mila.
L’area UE resta una garanzia per i formaggi italiani. Aumenti a doppia cifra in Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Polonia e Svezia, che hanno interessato pressoché tutte le categorie di prodotto. Le percentuali più elevate sono state registrate da Mascarpone (+42%) e Provolone (+20%), ma se guardiamo le variazioni in tonnellate sono i simboli del “Made in Italy” ad aver messo a segno risultati significativi (+13.000 la mozzarella, +10.000 Grana Padano e Parmigiano Reggiano).
Buoni risultati anche dall’area extra-UE, dove la variazione media nei volumi di export (+9,7%) cela incrementi in realtà molto più rilevanti in alcuni Paesi chiave, ad esempio gli Stati Uniti (+20%), la Cina (+26%), la Corea del Sud (+28%) e la stessa Ucraina (+43%).
Per quanto riguarda il 2022, si assiste purtroppo ad un peggioramento nel quadro generale. La guerra in Ucraina ha aggravato molte delle tensioni che agiscono sul fronte prezzi, e per la prima volta si parla dei rischi di carenza e razionamento dell’energia e di alcune materie prime agricole. Un primo pesante effetto della crisi sulla filiera lattiero casearia è stato l’aumento vertiginoso del prezzo dei mangimi, e, di conseguenza, del costo di produzione del latte.
Consegne di latte comunque stabili per tutto il primo trimestre (-0,2% rispetto all’analogo periodo 2021), a differenza di quanto avvenuto negli altri grandi Paesi UE (Germania -1,4%, Francia -1,2%).
La prudenza che sta caratterizzando la produzione 2022 nel nostro Paese riguarda naturalmente anche i derivati del latte, a partire da formaggi (-1,1%) e creme (-4,6%).
A incidere è anche la contrazione generalizzata della domanda interna, colpita dall’inflazione che nei mesi precedenti era rimasta confinata agli anelli primari e intermedi della filiera. Tra gennaio e aprile gli acquisti domestici di formaggihanno segnato -5%, numero che, trasferito sui 12 mesi, porterebbe i volumi complessivi di quest’anno sotto la sogliadelle 800.000 tonnellate. In calo anche le vendite di latte alimentare, che tra maggio ’21-maggio ’22 hanno registrato, rispetto ai 12 mesi precedenti, -4,2% nel segmento uht e -7,2% in quello fresco. In crescita, ma più contenuta, sono soltanto le nuove referenze, in particolare il delattosato (+1,6%) e l’ESL (0,9%).
«Gli ultimi due anni hanno messo a dura prova gli imprenditori, che ora si trovano a fronteggiare in rapida successione l’allarme rosso dei costi di produzione e la carenza di molte materie prime – afferma il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti -. Nonostante le tante emergenze, però, il settore non ha rallentato ed è riuscito in questa impresa solo grazie alle proprie forze e ai propri capitali. Le imprese hanno dimostrato un’eccezionale capacità di reazione ed un altrettanto eccezionale senso di responsabilità, accollandosi enormi costi aggiuntivi per mesi e trasferendo a valle solo quanto strettamente necessario. Lo abbiamo fatto da soli, senza alcun aiuto, senza ricorrere a finanziamenti pubblici, sopportando i costi della riorganizzazione aziendale, premiando lavoratori e collaboratori».
«Siamo fieri dei risultati raggiunti, perché nonostante l’ondata negativa che ci ha travolto lo scorso anno la nostra produzione è cresciuta dell’1,3% – ha precisato Zanetti -. E con una crescita media annua del 2,3% nell’ultimo quinquennio, il lattiero caseario surclassa quella ottenuta dell’industria alimentare nel suo insieme (+1,9%)».
Risultati ancor più eccezionali perché raggiunti in un paese che conferma le proprie storiche debolezze, debolezze che, secondo Zanetti, disegnano l’Italia come un Giano bifronte: «da un lato ci sono le nostre imprese, che mordono il freno, investono, macinano risultati positivi sul mercato interno e nell’export. Dall’altro, chi non sa o non intende raccogliere le sfide, frena chi vuole correre, è lento nelle scelte e, soprattutto, decide per convenienza politica, per demagogia».
Una dicotomia che fa male all’Italia, che non permette alle potenzialità industriali di esprimersi al meglio, che svantaggia le imprese nella competizione internazionale. Un esempio della lentezza politica e burocratica arriva dalla gestione del PNRR, occasione unica – probabilmente l’ultima – per ammodernare il Paese. «Bisogna investire presto e bene le risorse messe a disposizione dal Piano – ha evidenzia Zanetti – presto, perché i ritardi si accumulano. Bene, finanziando progetti che servano a superare il gap strutturale del nostro paese».
Il settore lattiero caseario, peraltro, ha accettato le principali sfide del futuro, quelle ambientali e della sostenibilità e il miglioramento del benessere degli animali, oltre che nel delicato capitolo del confezionamento, che per i prodotti lattiero caseari non è solo un biglietto da visita, ma strumento prezioso che garantisce la sicurezza alimentare.
A fronte dell’impegno dell’intero settore per un sistema lattiero caseario sempre più sostenibile, con prodotti già pienamente compatibili con una alimentazione amica dell’ambiente, il settore che Assolatte rappresenta dice “NO” alla follia ideologia dell’“One diet”, della dieta unica globalizzata voluta dalle multinazionali. “NO” anche ai progettidei colossi della finanza mondiale che vogliono fabbricare in laboratorio ciò che la natura produce da sempre e che le nostre imprese sanno trasformare tutelandone la genuinità. Gli interessi in gioco sono enormi, caseina e proteine prodotte da batteri mettono a rischio il sistema latte mondiale che dà lavoro e sostentamento a un miliardo di persone. Senza scrupoli per la salute di chi li consuma, senza scrupoli per i risvolti etici che accompagnano queste pratiche da laboratorio.
«Per questo lanciamo l’allarme per una mobilitazione globale: agricoltura, industria, politica e istituzioni, dobbiamo essere tutti uniti per dire un “NO” secco e definitivo a queste produzioni artificiali» ha concluso Zanetti appellandosi alla politica.
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