Il 2022 delle imprese manifatturiere, partito bene con un primo trimestre segnato da «una ripresa a ritmo sostenuto e con un notevole recupero» rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, vede ora «messo in discussione il quadrodi dinamicità» registrato nel primo scorcio, a causa della difficile congiuntura a livello internazionale; dell’inflazione, con l’aumento dei prezzi di materie prime ed energia; e della crisi geopolitica che «rappresentano dei fattori di freno».
Il quadro emerge dall’indagine congiunturale sull’industria manifatturiera dell’Emilia Romagna realizzata in collaborazione tra Unioncamere, Confindustria e Intesa Sanpaolo. Guardando ai numeri archiviati nei primi tre mesi 2022, il volume della produzione dell’industria in senso stretto ha registrato un incremento dell’8% mentre il fatturato è avanzato dell’11% (con quello estero a crescere del 9,6%), l’acquisizione degli ordini è salita del 9,4%. e il grado di utilizzo degli impianti è giunto fino al 79,7%, il valore più elevato da fine 2014.
Tra i diversi comparti delle imprese manifatturiere quello alimentare ha riportato un fatturato in crescita dell’8% e una produzione in progresso del 5,2%. Bene anche la moda (+12,2% il fatturato, +10,6% la produzione); la piccola industria del legno e del mobile(+11,7% il fatturato, +7% la produzione); l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche (+11,4% il fatturato, +8% la produzione); le industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto (fatturato + 12,3% produzione +9,6%).
Sul fronte dimensionale per le piccole imprese la produzione è salita del 5,3% e il fatturato del 6,7%; per quelle mediel’aumento della produzione è stato del 7,6% e del fatturato dell’8,9% mentre le imprese medio-grandi hanno visto crescere la produzione del 9,2% e il fatturato del 14%.
Quanto alle esportazioni manifatturiere emiliano romagnole queste sono risultate pari a quasi 20.072 milioni pari al 14,6% dell’export nazionale, e hanno fatto segnare un incremento del 24,7% rispetto al primo trimestre del 2021 e sono risultate superiori del 28% alle vendite estere dello stesso periodo del 2019. A fine marzo le imprese dell’industria in senso stretto attive risultavano essere 43.373 (pari al 10,8% delle aziende della regione), con una leggera diminuzione corrispondente a 170 imprese (-0,4%) rispetto all’anno precedente.
Scorrendo le cifre messe in fila dallo studio congiunturale, osserva Alberto Zambianchi, presidente di Unioncamere Emilia Romagna, «della pandemia resta il danno derivante dall’attività perduta e dalla mancata crescita del tessuto produttivo dell’industria regionale che oggi deve affrontare un contesto difficile. I forti rischi geopolitici derivanti dal conflitto in Ucraina, la carenza e la difficoltà di approvvigionamento di materiali e componenti, il rincaro delle materie prime, in particolare il costo dell’energia, l’incremento dell’inflazione sono i fattori di preoccupazione che possono ostacolare la diffusione e l’intensità della ripresa».
Di fronte all’attuale panorama italiano e internazionale, argomenta, «la situazione è molto complessa ed evidenzia la necessità di interventi a favore delle imprese manifatturiere e per sostenere il potere di acquisto che dovranno essere decisi a livello nazionale ed europeo. Il sistema camerale – conclude Zambianchi – farà la sua parte come sempre con iniziative a supporto delle imprese».
Per il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Annalisa Sassi, «nel primo scorcio dell’anno l’economia regionale ha registrato una buona capacità di ripartenza dopo la pandemia ma il clima di fiducia delle imprese è in peggioramento, soprattutto a causa dei pesanti costi energetici, delle difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime e degli effetti diretti e indiretti del conflitto russo ucraino. Il PMI manifatturiero è sceso a maggio da 54,5 a 51,9».
Sassi inquadra la situazione che sta vivendo l’economia emiliano romagnola. La crescita del 24% dell’export regionale nel primo trimestre, «è un dato positivo che fa sperare nella tenuta del sistema produttivo dell’Emilia Romagna. Continuano però le preoccupazioni per l’incertezza del quadro macroeconomico globale, che incidono sulle decisioni di investimento. In questa fase in cui diminuisce la capacità delle imprese di autofinanziarsi dobbiamo accelerare gli interventi di supporto e le politiche industriali per accompagnare gli investimenti, a partire dall’attuazione in tempi brevi di una strategia energetica fondata su un mix di fonti e dalla semplificazione delle autorizzazioni. La nomina del presidente della regione, Stefano Bonaccini a Commissario straordinario per il rigassificatore di Ravenna – conclude Sassi – va certamente in questa direzione, confermando anche l’impegno a realizzare uno dei più grandi investimenti europei nel campo dell’eolico e del fotovoltaico».
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