Ancora una volta, sulle emissioni inquinanti l’Europarlamento ha dato una pessima prova di difesa degli interessi dei cittadini europei, siano consumatori, lavoratori o imprenditori, cedendo a maggioranza la filiera automotive europea alla completa dipendenza cinese: oltre che a Strasburgo, pure a Pechino si sono stappati jeroboam di spumante per brindare alla nuova conquista e al vassallaggio definitivo della più importante manifattura europea, sia per occupazione che valore aggiunto e capacità di ricerca ed innovazione.
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Mentre un manipolo di eurodeputati esagitati crede di tutelare l’ambiente passando da efficienti motori termici ad improbabili batterie con problemi si sicurezza, durata e autonomia, chi inizia a preoccuparsi sono i milioni di occupati del settore automotive in Europa, che entro il 2035 saranno costretti a cercarsi – ammesso che la trovino – un’altra occupazione, visto che le fabbriche di auto e furgoni europee dovranno convertirsi in tutta fretta all’elettrificazione. Di sicuro, i problemi sociali non mancheranno, così come quelli legati al calo della produzione di ricchezza e all’esplosione del debito pubblico in realtà come quella italiana.
Per una Waterloo automobilistica, l’Europarlamento ha però sventato l’estensione talebana del meccanismo degli Ets sulle emissioni inquinanti all’autotrasporto e l’applicazione della tassa del carbonio sui prodotti importati dall’estero. Una magra soddisfazione, ma pur sempre una presa d’atto – mancata sul fronte dell’automotive – delle pesanti ripercussioni che avrebbe causato sul mercato europeo in termini di aumento di prezzo e di ulteriore caduta dei consbumi delle merci.
In tutta questa vicenda stride il comportamento tenuto dal Pd italiano, che ha contribuito massicciamente all’affossamento della filiera automotive italiana votando a favore del provvedimento, nonostante le pressioni del mondo sindacale. Ancora una volta, il Pd di Enrico Letta si conferma il partito del politicamente corretto e dei salotti ovattati, lontano anni luce dalle realtà della catena di montaggio tanto care ai suoi predecessori del Pci. E gli impiegati del settore, alla prossima occasione non mancheranno di ricordarsene nelle urne, dando il ben servito, oltre al Pd, anche al M5s.
Non tutto è perduto: dopo il voto strampalato dell’Europarlamento, ora la parola passa al consiglio dei governi dell’Unione, che già hanno fatto capire di essere molto preoccupati della decisione, con la possibilità, dopo una trattativa con la Commissione, di rivedere il piano “Fit for 55” sulle emissioni inquinanti per adeguarlo alla mutata realtà economica e sociale, per evitare di gettare benzina sul fuoco della crisi già in atto. Staremo a vedere.
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