Assemblea pubblica di Anfia a Firenze contro il piano europeo “Fit for 55”

Scudieri: «mobilitazione generale dell’economia italiana all’Europarlamento per sventare uno scenario dirompente per l’economia italiana ed europea». Appello alla delegazione italiana al Parlamento europeo. 

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fit for 55
Il presidente Anfia, Paolo Scudieri, all'assemblea di Firenze.

Dall’assemblea pubblica ANFIA a Firenze, alla vigilia della votazione in sessione plenaria al Parlamento europeo del pacchetto di riforme climaticheFit for 55” in programma a Strasburgo dal 5 al 7 giugno prossimo, arriva un appello corale agli europarlamentari italiani affinché votino pensando anche agli interessi del proprio Paese, e affinché il Governo italiano prosegua la collaborazione con le rappresentanze della filiera industriale nella definizione di una strategia di decarbonizzazione della mobilità secondo un approccio realistico e non ideologico, aperto a più tecnologie e impegnato a sostenere gli investimenti e lo sviluppo di competenze specializzate sul territorio

All’insegna di “Muoversi nel XXI secolo: whatever it takes – L’automotive tra sviluppo sostenibile, transizione energetica e nuovi equilibri internazionali”, il presidente di ANFIA, Paolo Scudieri, ha evidenziato come la votazione in sessione plenaria al Parlamento europeo del pacchetto di riforme climaticheFit for 55”, che tocca il settore automotive su vari fronti, in primis quello della revisione del Regolamento per la riduzione delle emissioni di CO2 delle auto e dei veicolicommerciali leggeri al 2025 e al 2030, sia strategica per il futuro di gran parte dell’economia italiana ed europea.

«Il mercato italiano ha avuto un picco positivo nel 2017, con quasi 2,2 milioni di immatricolazioni di autoveicoli, per poi subire un rallentamento nel 2018 (-3,2%) e nel 2019 (+0,5%) e arrivare, nel 2020, ad un crollo del 26,6% a seguito della pandemia – ha osservato Scudieri -. Nel 2021, nonostante il confronto con un anno pessimo, la crescita (+6,7%) non è stata tale da tornare ai volumi pre-Covid, arrivando ad un totale di 1.670.000 unità contro i 2.133.000 del 2019. E il primo trimestre 2022 segna una contrazione del 22% a livello tendenziale soprattutto a causa dell’“effetto attesa” degli incentivi, misure soddisfacenti perché tecnologicamente neutrali e strutturate su più anni, ma ancora migliorabili, soprattutto per i veicoli commerciali leggeri, per mettere tutte le imprese della logistica urbana, non solo le piccole, nella condizione di efficientare i loro servizi di trasporto, senza vincolarle subito ad un’unica soluzione tecnologica, quella dell’elettrico».

«Quanto alla produzione – ha proseguito Scudieri -, dopo la crisi del 2012, è tornata a crescere nel 2014 e ha superato il milione di autoveicoli prodotti nel 2015, 2016 e 2017 (1.142.000 unità), per poi precipitare nuovamente: -7% nel 2018, -14% nel 2019 (appena 915.000 unità prodotte) e -15% nel 2020 (777.000), con gli effetti del confinamento e i blocchi e rallentamenti nella catena delle forniture. Nel 2021 la produzione è cresciuta (+2,4% con 796.000 unità), ma non è tornata ai livelli del 2019. Riflettiamo sul fatto nel 2000 la produzione di autoveicoli in Italia superava 1,7 milioni di unità, mentre nel 2021 non si è toccata nemmeno la metà di questi volumi. Sempre nel 2000, eravamo il quinto Paese produttore di autovetture in Europa, mentre oggi siamo al settimo posto, superati da mercati come Repubblica Ceca e Slovacchia, che hanno una storia produttiva automotive decisamente più recente. E’ fondamentale per l’Italia tornare alla soglia del milione di autoveicoli prodotti annualmente, per continuare a rappresentare un polo produttivo significativo, dando così sostegno anche allo sviluppo competitivo della componentistica italiana, soprattutto in termini di mantenimento e crescita degli investimenti sul territorio».

«Fatta questa premessa – ha puntualizzato Scudieri – a proposito delle sfide normative, tecnologiche ed energeticheche stiamo affrontando, intendo ribadire che quello di ANFIA è un approccio realistico e non ideologico, ambientalmente ambizioso, ma anche socialmente compatibile e industrialmente competitivo. E‘ innegabile la necessità di dover far fronte ai cambiamenti climatici definendo una strategia di decarbonizzazione che veda impegnati tutti: imprese, Governi, cittadini. Per ANFIA lo sviluppo della mobilità elettrica è un pilastro fondamentale della propria mission, è una delle tecnologie del futuro, è un percorso abbracciato da tutti i costruttori di veicoli e siamo chiamati a sollecitare le aziende della filiera a cogliere le opportunità di sviluppo offerte dall’elettrificazione. Diverso è, tuttavia, ostinarsi ad abbracciare una sola tecnologia, ad oggi di totale dominio asiatico, creando pericolosi squilibri nel mercato e in ambito sociale, per il forte impatto che implica sul sistema industriale: in Italia abbiamo stimato la perdita di circa 73.000 posti di lavoro nei prossimi anni, non compensati dalle circa 6.000 nuove posizioni che creerà la mobilità elettrica».

Scudieri invita ad una maggiore pluralità di tecnologie nell’ambito del pianoFit for 55: «apriamoci, quindi, al contributo che alla decarbonizzazionedella mobilità di persone e merci, individuale e collettiva, possono dare, insieme all’elettrico, i biocombustibili (Biometano, BioLNG), i carburanti sintetici, l’idrogeno (sia come vettore per il motore endotermico sia le fuel cells), tecnologie su cui la filiera crede tantissimo e su cui sta già facendo grandi investimenti. Insieme al Governo, supportiamo gli investimenti in ricerca e innovazione, gli investimenti produttivi, le riconversioni degli impianti e l’aggiornamento dei lavoratori, spingiamo le imprese a fare squadra, ad aggregarsi per essere dimensionalmente e finanziariamente più forti, acceleriamo la diffusione della mobilità elettrica incentivando le produzioni nazionali di autoveicoli elettrificati, sviluppando una filiera italiana specializzata anche a monte delle gigafactory e un ecosistema infrastrutturale pubblico e privato».

«E aggiungo una novità: una proposta di legge che stiamo mettendo a punto per introdurre un sistema incentivanteper le politiche di compensazione della CO2 emessa messe in campo dalle imprese, per esempio con la piantumazione di alberi, non più unicamente affidate all’iniziativa volontaria, ma sostenute da sistemi di certificazionedella rimozione del carbbonio. La proposta parte da uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche che ha classificato gli alberi individuando la capacità di mitigazione di ciascuna specie in ambiente urbano e suburbano e le singole quantità di assorbimento dell’equivalente CO2 emessa dalle auto per una data percorrenza annua, compreso l’assorbimento del particolato. L’obiettivoistituire, a livello normativo, una certificazione che attesti la compensazione delle emissioni di anidride carbonica prodotta tramite la realizzazione di progetti che contribuiscanoal miglioramento del bilancio ambientale delle imprese attraverso la cattura della CO2, con interventi di potenziamento o recupero del patrimonio forestale, boschivo o agricolo, e, parallelamente, un meccanismo di incentivazione di questi progetti, per esempio attraverso un credito d’imposta connesso alle spese sostenute per essi o per l’acquisto del certificato».

Dopo la tavola rotonda, le conclusioni dei lavori sono state affidate a Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, ringraziato dal Presidente ANFIA per l’intensità delle battaglie da lui combattute per la filiera produttiva automotive, sia in Italia che a Bruxelles contro il contenuti del piano “Fit for 55“, dove, insieme al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, sta presentando da mesi possibili soluzioni alternative a quella unilaterale, incentrata sulla tecnologia del veicolo elettrico, proposta della Commissione UE nella strategia di progressiva decarbonizzazione della mobilità, ribadendo che puntare tutto su un’unica tecnologia non è la soluzione migliore per affrontare il cambiamento climatico. Un Giorgetti che ha condiviso la posizione di Anfia e che ha ribadito l’impegno del governo italiano ad agire sul fronte europeo assieme agli altri governi.

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