Dopo l’auto elettrica i pannelli fotovoltaici: i governanti europei a Bruxelles parerebbero invaghiti dell’economiacinese, tanto che, dopo avere dato un formidabile assist alla penetrazione dell’auto del Dragone sul mercato europeograzie alla demonizzazione del motore termico che sarà messo fuori legge a partire dal 2035 secondo i contenuti del piano “Fit for 55” se non sarà profondamente rivisto, ora tocca all’energia fotovoltaica, con il piano “RePowerEu”, che vorrebbe imporre su ogni edificio, a partire da quelli commerciali e pubblici, l’adozione dei pannelli fotovoltaiciper incrementare la produzione di energia rinnovabile.
Il problema non è affatto secondario e ne va della sostenibilità del sistema produttivo europeo, già messo a dura prova, oltre che nella filiera automotive, proprio in quella delle energie rinnovabili, visto che l’Unione europea è passata in poco meno di vent’anni dall’essere autonoma e all’avanguardia nella produzione dei pannelli fotovoltaici ad essere importatrice netta con oltre il 95% del fabbisogno che arriva proprio dalla Cina. Una situazione resasi possibile dalle politiche di sovvenzioni e di dumping del governo cinese che, nell’immobilismo di Bruxelles che non ha agito con l’istituzione tempestive di dazi e pressioni politiche per disattivare le politiche economiche del Dragone, hanno messo prima fuori mercato e poi fatto fallire le aziende europee del settore.
Della situazione si fa interprete l’eurodeputato friulano della Lega, Marco Dreosto, tramite un’interrogazione alla Commissione europea. «Tra le varie azioni delineate nel piano “RePowerEu” per aumentare la produzione di energia rinnovabile, ci sarà l’obbligo di installare pannelli fotovoltaici già a partire dal 2025 per gli edifici commerciali e pubblicie dal 2029 per gli edifici residenziali. Ma l’obbligo di pannelli solari ci renderà dipendenti dalla Cina in quanto proprio Pechino è il fornitore principale di moduli solari, nonché il maggiore produttore mondiale di materie prime come il silicio policristallino o il polisilicio, entrambi elementi alla base dei pannelli».
«Ho presentato un’interrogazione alla Commissione per sapere se hanno preso in considerazione questo rischio e per capire se hanno lavorato su una strategia per evitare di cadere come Unione europea nelle braccia cinesi – continua Dreosto -. Necessario fare di tutto per ottenere l’indipendenza sì dal gas russo, ma anche dai prodotti tecnologici cinesi. Proprio in quanto relatore ombra sul dossier al Parlamento europeo sulle materie tecnologiche critiche per i settori difesa e sicurezza, il mio impegno sarà rivolto a sostenere una produzione europea di prodotti e materiali necessari per settori strategici come ad esempio quello energetico e quello della difesa».
L’attenzione di Dreosto al piano “RePowerEu” farebbe bene ad allargarsi anche al settore degli accumuli di energia, la seconda gamba indispensabile per il decollo delle energie rinnovabili, ad iniziare dal fotovoltaico ed eolico. Anche in questo caso, così come già accade per le batterie destinate al settore automotive, il peso cinese è massiccio, quasi da monopolista assoluto per le materie prime necessarie all’assemblaggio delle batterie.
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