Giugno 2022 porta ai contribuenti ben 141 diverse scadenze fiscali

Alla cassa per tributi per un gettito stimato di circa 50 miliardi di euro. Il tutto in un quadro macroeconomico sicuramente non positivo. 

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scadenze fiscali

Maggio sta per finire e giugno porta ai contribuenti la bellezza di ben 141 diversi adempimenti tributari e scadenze fiscali pari ad un gettito stimato per lo Stato di ben 50 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 43,7 miliardi incassati nel 2021. Una vera cascata di tasse che escono dalle casse di aziende e di Partite Iva provate, che durante la pandemia, hanno in molti casi chiuso l’attività o ridotta di molto, tanto che nel solo settore dei servizi della ristorazione, dell’alloggio e del tempo libero hanno chiuso definitivamente oltre 7.000 attività.

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Nonostante i micragnosi aiuti concessi dallo Stato alle imprese per cercare di passare la crisi (ben altre attenzioni sono state riservate ai dipendenti, specie quelli pubblici) e a qualche dilazione di pagamento, l’erario torna a battere cassa e lo fa a distesa con una miriade di scadenze fiscali, tanto che da più parti si teme che questo prelievo possa essere esiziale per molte attività superstiti.

Negli ultimi trent’anni, in Italia la pressione fiscale è continuamente cresciuta, passando dal 36 al 43,5%, una delle più alte a livello mondiale, specie se raffrontate alla qualità dei servizi erogati dal settore pubblico ai cittadini contribuenti. E dinanzi ad un’inflazione al 6% destinata a crescere ulteriormente nelle prossime settimane a causa del ritocco di molti listini aziendali che iniziano a scaricare gli enormi aumenti dell’energia, delle materie prime, degli imballaggi e dei costi di logistica e alla crescente sfiducia da parte dei consumatori che ridurranno i loro consumi per fronteggiare i continui aumenti portati dall’andamento dei corsi internazionali dell’economia e dalla guerra in Ucraina, il rischio di cabdere nella stagflazione è tutt’altro che remoto.

In tutto questo contesto, la politica italiana brilla nuovamente per la sua inconsistenza, con i leaderini di partiti che pompano come grandi successi gli ennesimi rinvii delle scelte di fondo, a partire dalle concessioni dei beni pubblici in scadenza (scontentando tutti, a partire dai gestori degli stabilimenti balneari e i taxisti) o dalla riforma fiscale, sempre annunciata ma mai realizzata fino in fondo, con il risultato che si continuano a sprecare qualcosa come 100 miliardi di euro all’anno in miriadi di provvedimenti microsettoriali e, spesso, esclusivamente clientelari privi di reale interesse pubblico per la collettività che è invece chiamata a pagare il costo del consenso di questi provvedimenti.

Buona visione.

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