L’Unione europea dimezza le aspettative di crescita italiane

L’economia nazionale gira sempre più lentamente e cala il potere d’acquisto con l’inflazione al rialzo.

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La Commissione europea ha tagliato le stime di crescita del Pil 2022 e 2023 rispetto alle previsioni di febbraio: il Pil viene stimato nell’area euro crescere del 2,7% e del 2,3% rispettivamente contro la precedente previsione di 4% e 2,7%. Nella Ue 2,7% e 2,3% rispetto alla precedente previsione 4% e 2,8%.

Il tasso di inflazione nell’area euro aumenterà nel 2022 al 6,1% rispetto al 2,6% nel 2021 (stima di febbraio 3,5%); nel 2023 calerà al 2,7% (stima di febbraio 1,7%). Nella Ue il tasso di inflazione sarà quest’anno al 6,8%, l’anno prossimo al 3,2%.

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La Commissione Ue prevede che in Germania il Pil crescerà dell’1,6% quest’anno e del 2,4% l’anno prossimo, la Spagna del 4% e del 3,4%, la Francia del 3,1% e dell’1,8%. Maluccio per l’Italia, con un +2,4% per il 2022 e un +1,9% per il 2023. Un dato che si basa tutto solo sull’effetto traino del 2021, che ha portato in dote al 2022 una crescita del 2,2%. Di fatto, l’economia italiana è ferma.

Le prospettive per l’economia della Ue prima dello scoppio della guerra erano per un’espansione prolungata e robusta, ma l’invasione russa dell’Ucraina ha posto nuove sfide, proprio nel momento in cui l’Unione si era ripresa dagli impatti economici della pandemia. Esercitando ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi delle materie prime, provocando rinnovate interruzioni dell’offerta e una crescente incertezza, la guerra «sta esacerbando i venti contrari preesistenti alla crescita, che in precedenza si prevedeva si sarebbero attenuati».

Il Pil «dovrebbe rimanere in territorio positivo nell’orizzonte di previsione, grazie all’effetto combinato delle riaperture post-confinamento e alla forte azione politica intrapresa per sostenere la crescita durante la pandemia». Vale a dire, la riapertura post-pandemia dei servizi ad alta intensità di contatti, un mercato del lavoro forte e ancora in miglioramento, un minore accumulo di risparmi e misure fiscali per compensare l’aumento dei prezzi dell’energia sosterranno i consumi privati. Gli investimenti dovrebbero beneficiare del pieno dispiegamento del meccanismo per la ripresa e la resilienza e dell’attuazione del relativo programma di riforme.

Il principale problema per le economie globali e della Ue è legato ai prezzi delle materie prime energetiche. Sebbene fossero già aumentati in modo sostanziale prima della guerra, dai bassi livelli registrati durante la pandemia, l’incertezza sulle catene di approvvigionamento ha spinto i prezzi al rialzo, aumentandone al contempo la volatilità. Questo vale soprattutto per il cibo e altri beni e servizi di base, con il potere d’acquisto delle famiglie in calo. Le interruzioni della logistica e della catena di approvvigionamento indotte dalla guerra, nonché l’aumento dei costi di input per un’ampia gamma di materie prime, «si aggiungono alle perturbazioni nel commercio globale causate dalle drastiche misure di contenimento del Covid 19 ancora applicate in alcune parti della Cina, che pesano sulla produzione».

L’inflazione ha preso slancio dall’inizio del 2021. Dal 4,6% su base annua nell’ultimo trimestre del 2021 è salita al 6,1% nel primo trimestre del 2022. L’inflazione complessiva nell’area dell’euro è salita al 7,5% ad aprile, «il tasso più alto nella storia dell’unione monetaria» ha detto il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Per il 2022 nel suo insieme, il rialzo della stima costituisce «una notevole revisione al rialzo rispetto alle previsioni intermedie per l’inverno 2022». L’inflazione dovrebbe raggiungere il picco del 6,9% nel secondo trimestre di quest’anno e diminuire gradualmente in seguito. Andamento più alto di tutti in Germania, con +6,5%, incalzata dalla Spagna con +6,3% e dall’Italia +5,9%.

Nel 2021 nell’economia Ue sono stati creati oltre 5,2 milioni di posti di lavoro, che hanno attirato quasi 3,5 milioni di persone in più nel mercato del lavoro. Inoltre, il numero dei disoccupati è diminuito di quasi 1,8 milioni di persone. I tassi di disoccupazione alla fine del 2021 sono scesi al di sotto dei precedenti minimi storici. Le condizioni del mercato del lavoro secondo Bruxelles «dovrebbero migliorare ulteriormente». Si prevede che l’occupazione nella Ue aumenterà dell’1,2% quest’anno, sebbene questo tasso di crescita annuale sia stimolato dal forte slancio nella seconda metà dello scorso anno. Le persone in fuga dalla guerra in Ucraina verso la Ue dovrebbero entrare nel mercato del lavoro solo gradualmente, con effetti tangibili che diventeranno visibili solo dal prossimo anno.

Il deficit/Pil nell’area euro passerà quest’anno dal 5,1% del 2021 al 3,7% e l’anno prossimo al 2,5% (Ue dal 4,7% al 3,6% e al 2,5%). Il debito/Pil passerà dal 97,4% l’anno scorso al 94,7% quest’anno e al 92,7% l’anno prossimo. Nella Ue dall’89;7% l’anno scorso all’87,1% quest’anno e all’85,2% l’anno prossimo. Complessivamente il rapporto di previsione di primavera indica che i disavanzi pubblici continuano a diminuire, ma aumentano i costi legati alla guerra. Nonostante i costi delle misure per mitigare l’impatto dei prezzi elevati dell’energia e per sostenere le persone che fuggono dall’Ucraina, il disavanzo pubblico aggregato nella è destinato a diminuire ulteriormente nel 2022 e nel 2023 poiché le misure temporanee di sostegno per il Covid 19 continuano a essere ritirate. Dopo essere sceso nel 2021 a circa il 90% (97% nella zona euro) dal picco storico di quasi il 92% del Pil nel 2020 (quasi il 100% nella zona euro), il rapporto debito/Pil aggregato Ue dovrebbe continuare la discesa rimanendo al di sopra del livello pre-Covid.

A pesare negativamente sulla crescita dell’economia europea anche il deficit commerciale: a marzo 2022, l’area euro ha registrato un disavanzo di 16,4 miliardi di euro nel commercio di beni con il resto del mondo, rispetto a un avanzo di 22,5 miliardi di euro a marzo 2021. Le esportazioni sono aumentate del 14,0% rispetto a marzo 2021, le importazioni sono aumentate del 35,4%, trainate ancora una volta, in particolare, da un ulteriore aumento delle importazioni di energia. Dai dati emerge che nei primi tre mesi del 2022, i maggiori aumenti sono stati registrati nelle importazioni e, con un valore inferiore, nelle esportazioni di energia, portando a un significativo aumento del deficit commerciale dell’Ue nel settore energetico: -128,7 miliardi di euro a gennaio-marzo 2022 rispetto a -48,0 miliardi di euro a gennaio-marzo 2021.

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