Confcommercio: previsione Pil fermo al 2,1% nel 2022 e inflazione media al 6,5%

Sangalli: «la ripresa del Paese è tutta da costruire e i provvedimenti del governo non bastano». 

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Il presidente di Confcommercio Imprese per l'Italia, Carlo Sangalli.

L’Ufficio studi di Confcommercio ridimensiona drasticamente le stime macroeconomiche piuttosto ottimistiche contenutenel Def appena aggiornato dal governo Draghi, appesantite dall’inflazione e dal conflitto in Ucraina.

Secondo le previsioni di Confcommercio nel 2022, contenute nel report “Economia e consumi in Italia 2022-2023” a cura dell’Ufficio studi Confcommercio-Imprese per l’Italia, il Pil si ferma al 2,1%. Una previsione dovuta ad una inflazione collocata nella media dell’anno in corso attorno al 6,5%. La maggiore inflazione rispetto al Def del governo è tra le ragioni della minore variazione del Pil rispetto alle valutazioni del governo (pari al +3,1% nel 2022, secondo lo scenario programmatico).

Le valutazioni di Confcommercio risultano più favorevoli per il 2023: +2,4% per il Pil e inflazione al 2,9%, con consumi dei residenti a +2,7%. Le considerazioni contenute nel report si basano sull’ipotesi di distensione, entro la prossima estate, sia degli impulsi sulle materie prime energetiche sia del quadro geopolitico. Con una maggiore estensione temporale del conflitto, dunque, il quadro macroeconomico internazionale, europeo e italiano peggiorerebbe. Inoltre, il report sottolinea come l’implementazione del Pnrr non sembra poter superare completamente nel breve periodo i nuovi problemi che la doppia crisi sta ponendo. Al riguardo rimane fondamentale, secondo Confcommercio, il ruolo del progetto di riforma a livello europeo.

«La ripresa è tutta da costruire – ha detto il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli – e per rilanciare occupazione, redditi e consumi, è necessario mettere a terra le riforme e gli investimenti del Pnrr; agire sul cuneo fiscale e contributivo, detassare gli aumenti dei rinnovi contrattuali. E per sostenere le imprese bisogna agire sulle moratorie fiscali e creditizie. Occorre che il governo metta in campo anche un metodo di lavoro stabile, strutturato e condiviso con le parti sociali».

Sangalli ha segnalato ancora sul Pnrr «il nodo dei problemi strutturali delle pubbliche amministrazioni, in particolare nel Mezzogiorno. Ne va rafforzata la capacità di progettazione e vanno ridotti i tempi istruttori. Rispetto a questo scenario e alle sfide che comporta, servono certamente scelte impegnative e responsabilità condivise».

Secondo Sangalli, le previsioni del Def «appaiono un po’ ottimistiche, sia sotto il profilo della sottovalutazionedell’inflazione, sia per la conseguente sopravvalutazione della crescita. Infatti nelle stime dell’Ufficio studi di Confcommercio la crescita è più vicina al 2% che al 3% nel 2022 e il Pil tornerebbe ai livelli pre-crisi alla fine del 2022, mentre i consumi farebbero registrare un anno di ritardo per il pieno recupero».

Sangalli ritiene che servano «pragmatismo e realismo anche per gestire – in Europa e nel nostro Paese – il processo di transizione energetica. Resta ferma l’esigenza di una riforma organica della fiscalità energetica sul versante degli oneri generali di sistema e in riferimento a Iva e accise. Andrebbe estesa al metano per autotrazione l’aliquota Iva ridotta del 5%e l’accisa italiana sul gasolio è la più alta d’Europa. L’eliminazione del meccanismo dei rimborsi parziali per il gasolio commerciale, l‘eliminazione del regime preferenziale di tassazione del gas metano e l’introduzione di oneri locali su un comparto globale come il trasporto marittimo, sono tutti provvedimenti previsti dal pacchetto europeo in materia ambientale (“Fit for 55”): se adottati colpirebbero duramente la competitività del sistema italiano delle imprese del trasporto e della logistica».

Nel 2022, «già ai prezzi attuali, la bolletta energetica delle imprese del terziario triplicherebbe. E l’autotrasporto delle mercipotrebbe registrare un incremento dei prezzi dei carburanti del 40%. Andrebbe raccolta senza indugio la sollecitazione italiana alla costituzione di stoccaggi e riserve energetiche europee comuni – ha detto Sangalli -. Occorre diversificare e rendere più sicuri i nostri approvvigionamenti, rafforzare la nostra capacità di rigassificazione, rilanciare la produzione nazionale di gas. Occorre procedere a una temporanea riattivazione delle centrali a carbone. Tutto ciò restando ferme tanto l’esigenza dell’impulso all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, quanto quella della partecipazione alla ricerca sul nucleare di nuova generazione. Serve una politica energetica bonificata dai sovraccarichi ideologici dei troppiNopreconcetti e dagli “eccessiburocratici che, a ogni passo, rischiano di bloccare decisioni e realizzazioni».

«In questo contesto, è fin d’ora evidente che gli impatti economici e sociali della guerra in Ucraina e del caro energiarichiederanno margini di intervento ben più ampi dei circa sei miliardi contenuti nel Def – ha proseguito Sangalli -. Importante, in questo quadro, l’introduzione di crediti d’imposta fruibili anche da parte delle imprese che non rientrano nelle consuete definizioni di imprese “energivore” e “gasivore”».

Quanto ai prossimi mesi, secondo l’Outlook Italia, dopo lo shock del 2020 e l’inizio di un ritorno alla normalità registrato nel 2021, il clima di fiducia e le attese delle famiglie sul futuro si sta ristabilendo, anche se solo parzialmente: il 26% delle famiglie si aspetta una riduzione del reddito, il 24% prevede di ridurre i consumi e il 47,6% ridurrà i risparmi. Quest’ultimo dato, molto elevato e non compensato da una percentuale altrettanto alta di famiglie che prevede di aumentare i consumi, è un chiaro indicatore che la situazione rimane problematica.

Tra le cause che limitano i consumi, al di là dei livelli di reddito, il 54,8% delle famiglie indica alcuni fattori di contesto: l’aumento del costo dell’energia, la paura di dover sopportare imminenti spese impreviste, l’incertezza sul futuro causata da una possibile recrudescenza della pandemia e dalla guerra in Ucraina. Nelle intenzioni di spesa per il 2022, le famiglieprevedono di effettuare l’acquisto di alcuni beni durevoli grazie anche agli incentivi statali: ristrutturazione abitazione (29,3%), mobili e arredamento (21,8%), auto (16,9%), biciclette (13%), abitazione (7,6%), moto o scooter (6,4%).

Sul versante occupazione, la maggior parte delle famiglie non teme particolari rischi (51,9%), un 15,8% si ritiene seriamente preoccupato, quota che raddoppia al 39,4% per le classi di reddito più basse.

Tra le principali preoccupazioni sul futuro a breve: il 33,4% delle famiglie indica la crisi energetica, il 26% il surriscaldamento globale e il 21% l’aumento dell’inflazione; ulteriori preoccupazioni vengono dal conflitto in Ucraina: il 27% delle famiglie teme un coinvolgimento di altre nazioni, il 26,6% ritiene che possa trasformarsi in una guerra mondiale anche con l’uso di armi nucleari, il 23,4% è preoccupato per le ripercussioni economiche sull’economia, il 16,9% teme il taglio delle forniture di gas, il 6,1% è preoccupato per l’impatto economico dell’emergenza umanitaria determinata da milioni di profughi ucraini in arrivo in Europa.

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