Negli ospedali italiani si sta assistendo alla fuga dei medici, non solo per i pensionamenti ed i decessi: dal 2019 al 2021, si è registrata una vera e propria fuga volontaria di “camici bianchi” dagli ospedali italiani con 8.000 dimissioni volontarie motivate soprattutto dalle pesanti condizioni di lavoro tra le corsie, aggravate dalla pandemia di Covid.
Medici stanchi, disillusi e “senza speranza” grazie ad un ministro alla Sanità, Roberto Speranza, che alle promesse non ha fatto seguire i fatti circa la valorizzazione anche economica del personale, tanto che un terzo dei medici pensa di andare in pensione nonostante la giovane età, mentre il 38% delle donne medico afferma di sentirsi discriminato sul lavoro ed il 50% non tutelato in maternità.
Il malessere e le richieste dei camici bianchi sono stati al centro della Conferenza nazionale sulla questione medicaorganizzata dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Negli ultimi 3 anni il Servizio sanitario nazionale ha perso, complessivamente, quasi 21.000 medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 medici (2.886 solo nel 2021) per dimissioni volontarie e scadenza del contratto e 12.645 per pensionamenti, decessi e invalidità, denuncia il sindacato Anaao Assomed.
Alla base della fuga dei medici della sanità pubblica la ricerca di orari più flessibili, maggiore autonomia ma anche stipendi migliori. Non solo: a due anni dall’inizio della pandemia, 15.000 medici e odontoiatri sono colpiti dal fenomeno dell’esaurimento con vari disturbi ed un terzo, potendo, andrebbe subito in pensione, in particolare i più giovani (il 25% dei medici tra i 25-34 anni e il 31% di quelli tra i 35-44 anni).
Questo dato, commenta il presidente Fnomceo, Filippo Anelli, «è scioccante, stiamo uccidendo la speranza». Da qui, la proposta di Anelli di istituire un osservatorio nazionale sulla tutela delle condizioni lavorative dei medici. L’attuale carenza di specialisti «non è un problema che si risolve in un giorno, e anzi riguarderà i prossimi anni» ha avvertito il ministro della SaluteSperanza, che propone una strada da seguire: «il problema è come gestire i prossimi 2-3 anni e stiamo lavorando per trovare soluzioni immediate: su questo, penso anche ad un utilizzo straordinario degli specializzandi, che abbiamo iniziato a fare ma che va rafforzato».
Attualmente, è previsto che gli specializzandi dell’ultimo biennio possano partecipare ai concorsi delle Asl per essere inseriti in una graduatoria parallela per assunzioni a tempo determinato fino al conseguimento della specializzazione, ricorda Alessandro Bonsignore, coordinatore Osservatorio giovani medici Fnomceo, chiedendo comunque garanzie. Una linea, quella indicata dal ministro, che rispecchia una proposta condivisa anche da molti sindacati medici e che vede d’accordo Anelli: «si potrebbe arrivare ad un nuovo tipo di contratto di formazione-lavoro con il Ssn e questo consentirà di avere un maggior numero di specializzandi a disposizione, non solo degli ultimi 2 anni, da impiegare sotto la supervisione di tutor negli ospedali».
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