Fondazione Utilitatis, troppi gestori di rifiuti e rete impianti scarsa

Settore da 13 miliardi di fatturato e 95.000 occupati ripartiti in 7.253 realtà. In alcune regioni scontano tariffe più alte anche per l’esportazione dei rifiuti. 

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Caro rifiuti fondazione utilitatis

Con un giro d’affari da 13 miliardi di euro (circa lo 0,8% del Pil) e oltre 95.000 occupati, il settore dei rifiuti in Italia presenta ancora troppa frammentazione nelle gestioni con 7.253 soggetti attivi nel comparto e con solo il 19% degli operatori che si occupa dell’intero ciclo (2,4% se si considerano anche le gestioni comunali in economia): i dati emergono dal “Green Book2022”, il rapporto annuale sul settore dei rifiuti urbani in Italia, promosso da Utilitalia e curato dalla Fondazione Utilitatis.

La spesa media sostenuta nel 2021 dalle famiglie per il servizio di igiene urbana è stata di 318 euro, in leggero aumento rispetto al 2020 (312 euro), ma con forti differenze tra i 282 euro del Nord, i 334 euro del Centro e i 359 euro del Sud. Un fattore che incide in modo significativo sulla spesa è il maggior costo sostenuto per il trasporto dei rifiuti fuori regione, dovuto a un assetto impiantistico inadeguato.

Il rapporto della Fondazione Utilitatis, realizzato in collaborazione con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che fa capo al ministero della Transizione ecologica), evidenzia come la produzione italiana di rifiuti urbani e assimilati nel 2020 è stata di circa 29 milioni di tonnellate, in calo rispetto al 2019 di oltre un milione di tonnellate a causa dell’emergenza Covid-19, per effetto della chiusura di numerosi esercizi commerciali.

Il tasso di effettivo riciclaggio dei rifiuti urbani è compreso tra il 54,4% e il 48,4%, in entrambi i casi al di sopra della media europea del 47,8%. Il conferimento in discarica è stimato al 20%, un valore leggermente migliore rispetto alla media europeadel 23%. Resta ancora importante il deficit impiantistico al Centro-Sud, dove i quantitativi di rifiuti raccolti superano quelli trattati, e dove il ricorso alla discarica rimane ancora la principale destinazione (oltre il 60% per il rifiuto urbano residuo).

Nel 2020 sono state esportate oltre 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti (4,4 milioni nel 2019) a fronte di un’importazione di circa 7 milioni di tonnellate (nel 2019 erano 7,2 milioni). Tra i rifiuti urbani esportati, molti sono quelli prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, mentre tra i rifiuti urbani importati, le principali categorie sono rappresentate da vetro e plastica, avviati al riciclaggio.

La Germania è il Paese che riceve la maggiore quantità di rifiuti italiani (20,5% delle esportazioni) e che ne invia in Italia il quantitativo più rilevante (29% delle importazioni). Dall’analisi di Ispra si evince che i rifiuti urbani importati in Italia sono destinati totalmente al recupero di materia, per alimentare l’industria manifatturiera nazionale, mentre oltre il 36% di quelli esportati è destinato a recupero energetico, ad ulteriore conferma del deficit impiantistico di termovalorizzatori che affligge il Paese.

Il Pnrr, evidenzia il rapporto della Fondazione Utilitatis, rappresenta un’opportunità per gli investimenti volti a incentivare la circolarità delle risorse e, nello specifico, a migliorare i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti in tutta Italia, per i quali sono stati stanziati 2,5 miliardi di euro. Saranno necessari ulteriori investimenti nei prossimi anni, per raggiungere gli obiettivi di raccolta e riciclo dei rifiuti solidi urbani (65% di riciclo effettivo e ricorso alla discarica non superiore al 10% dei rifiuti urbani prodotti).

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