L’autotrasporto italiano, un tempo fiore all’occhiello dell’economia italiana, oggi è letteralmente messo all’angolo nello scacchiere del mercato europeo. A dirlo è uno studio promosso dal Comitato centrale dell’Albo dell’autotrasporto che ha analizzato i dati di sette Paesi europei (Germania, Spagna, Francia, Polonia, Romania, Lituania e Slovenia) oltre all’Italia, su costi di esercizio, situazione fiscale e contributiva per le imprese, prezzi di mercato sulle rotte internazionali e prezzi del trasporto sulle tratte nazionali.
Come anno di riferimento è stato preso il 2019 perché non ancora influenzato dagli effetti negativi della pandemia da Covid-19. Lo studio ha messo a confronto imprese che concorrono sullo stesso mercato, ovvero quello del trasporto su tratte internazionali e i veicoli combinati motrice-semirimorchio di massa complessa superiore a 26 tonnellate.
«I numeri della ricerca sono impietosi. Emerge infatti con chiarezza che sono ancora i costi massimi a penalizzare le aziende italiane a partire dal costo dell’autista il più alto dei paesi presi a riferimento con 55.055 euro all’anno contro ad esempio i 41.705 della Spagna (-25%) o i 43.372 della Germania (-21%) o addirittura i 23.015 della Lituania (-58%) – spiega la portavoce di Ruote Libere, Cinzia Franchini -. Un triste primato che si ripropone anche sul fronte dei prezzi per l’assicurazione del veicolo con l’Italia a 3.600 euro contro la Francia con 2.389 (-34%) o la Germania con 3.043 (-15). E ancora sulle tasse di proprietà e simili che in Italia pesano per 1.509 euro, contro la Francia a 516,00 (-66%) o la Spagna 603,02 (-60%). Per il costo medio annuale del carburante, con 45.602.61 euro, siamo secondi solo alla Germania con 49.199,80. Francia e Polonia sono quasi allineate con un costo medio annuo di 36.400 euro (-20%). All’ultimo posto la Spagna con 35.489,12 (-22%)».
Lo studio dell’Albo dell’autotrasporto poi sottolinea come sia «sorprendente la differenza sul costo del carburante per veicolo annuo, in quanto – sottolinea Franchini – la differenza con gli altri Paesi non è direttamente proporzionale al costo unitario del carburante, ma è dovuta a un maggior consumo per chilometro che costituisce un moltiplicatore tale da abbattere le differenze di costo al rifornimento anche quando sono a favore dell’Italia. Il motivo del maggior consumo può essere dovuto soprattutto alla congestione del traffico su qualche arteria stradale intasata o quello sprecato in attesa di accedere alle piattaforme logistiche» mettendo così in evidenza pure le inefficienze delle varie infrastrutture italiane.
Insomma in un mercato competitivo come quello europeo, l’Italia si colloca dunque tristemente fuori mercato, non solo con i Paesi dell’Est, ma anche rispetto a Francia, Spagna e Germania. A certificarlo, paradossalmente, è proprio uno studio commissionato dall’Albo dell’autotrasporto dove siedono le associazioni di rappresentanza che avrebbero dovuto e dovrebbero tutelare le imprese italiane. «Impegnate soprattutto a difendere le proprie strutture e a erogare servizi redditizi che garantiscono laute commissioni, come le riduzioni sui pedaggi autostradali, le vecchie associazioni hanno abdicato completamente al loro ruolo e i numeri ancora una volta lo dimostrano. Ruote Libere – chiosa Franchini – ribadisce la necessità di un rinnovato impegno del Governo italiano a richiedere con forza in Europa una effettiva armonizzazione dei costi operativi del nostro settore, a partire proprio dal costo del carburante oltre che al costo del lavoro e al peso della fiscalità. Pensare di poter correre con i competitor europei con addosso una zavorra insostenibile significa continuare ad illudere e a prendere in giro i piccoli e medi imprenditori».
Sul caro carburanti arriva anche la richiesta del presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè: «per fare il pieno di gasolio a un Tir servono 1.300 euro, non è una cosa leggera. Con l’intervento del viceministro Teresa Bellanova sono stati stanziati 500 milioni che si andranno ad aggiungere al taglio di 21 centesimi al litro delle accise. E’ un problema reale e urgente, ma quando poi si tratta di rendere operativi i provvedimenti si rallenta. Dobbiamo accelerare e realizzare i protocolli d’intesa sottoscritti nei ministeri».
Concorde Enrico Finocchi, presidente dell’Albo dell’autotrasporto, organismo del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili: «stiamo lavorando perché il settore si rafforzi e sia in grado di vincere le sfide che l’economia propone tra queste sfide c’è sicuramente la sostenibilità e la transizione ecologica. Ma c’è bisogno di un incentivo in questo momento, di mantenere in piedi le aziende che faticano a produrre. Credo che con un sistema che ha messo in piedi Il governo, nei limiti di quello che è stato possibile, questo si riesca a mettere in campo. Bisogna investire. I fondi il ministero li sta mettendo in campo, ma si deve erogarli in fretta perché c’è un problema di mancanza di liquidità».
Per Finocchi, «il mondo del trasporto deve cambiare, abbiamo ancora una media di piccole imprese in Italia, imprese artigiane, anche monoveicolari, che stentano a rimanere sul mercato. C’è bisogno di fare squadra per sostenere l’economia italiana».
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