C’è fame di gas metano nel mondo e l’Italia chiude 102 dei suoi 123 pozzi di gas e petrolio

Le incongruenze della politica energetica e ambientale del Paese all’insegna del Pitesai. 

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fame di gas

In Italia, in Europa e nel mondo c’è fame di gas metano e di energia in genere e si assiste ad una corsa alle nuove prospezioni e allo sfruttamento delle risorse esistenti, puntando ad accaparrarsi forniture dai paesi produttori per quelli che non dispongono di risorse proprie.

In Italia cosa accade? Il Belpaese, complici strambe e poco lungimiranti politiche estere ed energetiche dei governi e delle maggioranze degli ultimi vent’anni, si è legato mani e piedi alle forniture del gas russo, che oggi costituisce un problema a seguito della guerra in Ucraina e alle sanzioni euroamericane. Sostituire il 40% circa delle forniture di gas metano non è semplice e in queste settimane il governo Draghi sta disperatamente facendo il giro di tutti i potenziali fornitori di gas per stipulare nuovi contratti.

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Peccato solo che queste forniture non siano a buon mercato come lo erano quelle russe, ma decisamente più care, sia per quelle che arrivano a mezzo metanodotto dai tre impianti esistenti, che per navi tramite il gas liquefatto (che sconta anche la carenza di impianti di rigassificazione: solo tre).

Ma l’Italia non potrebbe sfruttare maggiormente le proprie risorse per soddisfare la fame di gas? Potrebbe, ma si appresta a non farlo, con un eccezionale atteggiamento autolesionistico tramite il Pitesai, il piano voluto dal governo Conte I e diventato operativo quattro mesi fa, che prevede addirittura la chiusura di ben 121 impianti sui 123 già produttivi o che potrebbero esserlo. In uno scenario di crisi energetica, l’Italia si prende il lusso, anzi il superlusso di rinunciare a gran parte delle proprie potenzialità di sfruttamento energetico, affidandosi solo alle importazioni ad un costo decisamente esorbitante rispetto alla produzione nazionale (70-100 euro metro cubo delle importazioni contro i 5-7 euro della produzione nazionale). Senza considerare che la produzione nazionale ha effetti positivi sul Pil nazionale, mentre le importazioni hanno un effetto negativo.

E poi, non solo il Pitesai: ci si mettono pure le regioni a frenare le prospezioni di nuovi pozzi gas o petrolio: sfruttando il Pitesai, Molise e Puglia – sempre loro due! – si sono messe di traverso, dichiarando tutto il loro territorio come “cultura di pregio”, bloccando ogni possibile utilizzo non agricolo.

Insomma, l’Italia va di male in peggio e se si continua a dare retta a coloro che remano contro a prescindere oggi non sia avrebbe nemmeno quel Tap, oggi benedetto con i suoi 10 miliardi di metri cubi trasportati, ma che amministratori locali di Pd, M5s e schegge ambientaliste e sinistrorse varie volevano bloccare perché «avrebbe impedito di deporre i teli da mare sulle spiagge di Melendugno»: quelle stesse spiagge che oggi, a metanodotto realizzato, sono più belle di prima.

Il Paese paga il sostanziale blocco delle attività di ricerca degli ultimi 15-20 anni, periodo in cui le tecnologie di prospezione hanno fatto giganteschi passi avanti, tanto che l’Eni ha potuto individuare giacimenti giganteschi di metano al largo di Cipro, Libano e Israele e del delta del Nilo in Egitto. Se le ricerche potessero essere effettuate anche in Italia, da più ambienti si sostiene che le riserve nazionali accertate di gas potrebbero salire dagli attuali 120 miliardi di metri cubi ad almeno 3-4 volte tanto, avvicinandosi alla soglia di 500 miliardi di metri cubi. Un valore enorme, specie se rapportato alla produzione di gas nazionale degli ultimi anni, ridottasi a 2-3 miliardi di metri cubi rispetto al 12-14 miliardi medi di inizio secolo a fronte di consumi interni medi attorno ai 75 miliardi di metri cubi annui.

Qualcuno dovrebbe iniziare a dare risposte serie e concrete a alla fame di gas, togliendo veti, dinieghi, distinguo e consentire l’affondamento delle trivelle e lo sfruttamento dell’energia presente nel sottosuolo nazionale. Almeno prima che i paesi confinanti, già ben attivi, esauriscano tutte le riserve.

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