Importare gas liquido dagli Stati Uniti in sostituzione di quello russo è veramente strategico per l’Europa? E’ realmente conveniente per l’economia del vecchio continente? E quale l’impatto ambientale? Sono tante le domande che ruotanoattorno alla decisione di acquistare 15 miliardi di metri cubi di gas liquido dagli Usa prodotto tramite frackingambientalmente altamente impattante, quella stessa tecnologica sdegnosamente rifiutata in Europa da quasi tutte le forze politiche, che hanno trasformato gli Stati Uniti da paese importatore ad esportatore netto di petrolio e di gas.
Un’esportazione che non è gratis, tutt’altro: il prezzo del gas venduto all’Europa dagli Usa costerà circa il 30% in più di quello oggi acquistato dalla Russia, con conseguenti ripercussioni sulla competitività globale della manifattura europea.
Ma a pesare è l’aspetto ambientale su tutta la vicenda, specie ora che si stanno facendo i salti mortali per ridurrel’inquinamento, ad iniziare da quell’Europa sghemba che si picca di azzerare il proprio contributo, già ridotto (solo l’8% di quello globale), a prezzo di stravolgere intere filiere manifatturiere e cancellare milioni di posti di lavoro. Produrre gas con il fracking è decisamente oneroso in termini di energia, decisamente maggiore rispetto ad un migliore sfruttamento delle risorse nazionali, il gas metano che negli ultimi anni l’Italia sta rifiutando di sfruttare per una deteriore logica ambientalista. Produrre e consumare gas nazionale costa decisamente meno sia sulla bilancia dei pagamenti (aumenta il Pil invece di deprimerlo), riduce l’impatto ambientale e i costi per i consumatori.
E’ così difficile evitare di cadere dalla brace russa alla padella americana, quando la soluzione è sotto i piedi? Quando il Paese avrà una classe politica realmente capace e in grado di prendere decisioni assennate e non contribuire ad affondare ancora di più lo Stellone italico già di suo malmesso da decenni di malapolitica?
Buona visione.
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