Censis, torna la voglia di convivialità, tornando a tavola fuori casa

Per 88% italiani migliora la qualità della vita e l'economia. Assobibe, vitale rilanciare i consumi fuori casa. Cresce la filiera brassicola interamente italiana. 

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Osservatorio consumi Confimprese-Ey

Dopo la lunga stagione delle restrizioni legate all’emergenza Coronavirus, torna la voglia di convivialità e il gusto del pranzo, della cena o di un aperitivo fuori casa: è quanto emerge dal RapportoIl valore economico e sociale della distribuzione Ho.Re.Ca. nel post Covid-19” realizzato dal Censis in collaborazione con Italgrob, la Federazione italiana dei distributori Ho.Re.Ca., ossia Hotellerie-Restaurant-Cafè.

In base ai numeri della ricerca nel corso degli ultimi due anni segnati dalla pandemia, il 68,2% degli italiani – il 78,1% se si guarda ai giovani – ha avuto nostalgia dei momenti trascorsi nei locali tanto che, viene evidenziato, il 71,1% della popolazione tornerà con uguale o maggiore frequenza a fare colazione fuori casa nei bar o nelle pasticcerie; il 68,9% tornerà a mangiare al ristorante o in trattoria; il 65,9% tornerà a consumare aperitivi e “apericene” in wine-bar, enoteche o brasserie. Inoltre il 21,7% – la percentuale sale al 40,9% per quanto riguarda i giovani – è intenzionato a frequentare di più i luoghi della convivialità: già oggi all’88,4% capita di pranzare o cenare fuori e al 64,5% di incontrarsi con amici e colleghi per un aperitivo.

La filiera dell’alimentazione fuori casa, conta su 3.800 imprese, più di 60.000 addetti e un fatturato pari a 17 miliardi di euro prima della pandemia. La piattaforma della distribuzione Ho.Re.Ca., che connette le industrie del cibo e delle bevande, vedesul territorio oltre 300.000 esercizi pubblici garantendo quella convivialità, considerata un elemento importante per la qualità della vita: se l’89,1% degli italiani ritiene i luoghi del fuori casa una fonte di lavoro e di reddito, per l’88,3% la presenza di bar, caffè, pasticcerie, enoteche e ristoranti è importante per assicurare la buona qualità della vita, mentre per il 68,8% la presenza di esercizi pubblici rende i luoghi più sicuri e frequentabili. Addirittura il 67,3% – il 74,8% dei giovani – ritiene che questa presenza consenta di evitare degenerazioni della movida e che l’assenza di locali spinga i territori al declino economico e al degrado sociale.

Sul fronte del tempo libero, ristoranti e trattorie sono la prima opzione degli italiani per i pranzi o le cene con gli amici – così per il 52,2% – anche se il 38% predilige, nel proprio tempo libero, rimanere a casa a cucinare e il 9,8% sceglie la consegna di cibo già pronto a casa tramite garzoni. Stesso esito per gli aperitivi: il 65% preferisce un locale, il 27,3% il salotto di casa e il 7,7% si fa consegnare cibi e bevande a domicilio.

Quanto ai festeggiamenti per lauree, battesimi e comunioni, il 71,6% degli italiani opta per il fuori casa, il 21,9% privilegia le pareti domestiche e il 6,5% si rivolge ai servizi di asporto. Anche per matrimoni e compleanni si privilegiano i locali (63,8%) rispetto alla cucina casalinga (29,1%) o alla consegna a domicilio (7,1%) mentre per le feste comandate la preferenza va alle soluzioni domestiche nel 73,9%. dei casi, il 18,8% sceglie gli esercizi pubblici e il 7,3% le consegne a domicilio.

Negli ultimi due anni, con il ricorso al lavoro da remoto per molte persone è emerso come il 66% cucini nella propria nella propria abitazione, il 19,9% ricorra alle consegne a domicilio e il 14,1% esca comunque. Il ricorso ai servizi di consegna a domicilio, evidenzia infine lo studio di Censis e Italgrob non cancella i consumi fuori casa: il 96,1% degli utenti delle piattaforme digitali mangia anche al ristorante o in trattoria e l’80,6% si ritrova anche nei locali per l’aperitivo.

Per il presidente di Assobibe, l’associazione dei produttori di bevande analcoliche, Giangiacomo Pierini, «il caro bollette e l’impennata del costo delle materie prime allontanano ulteriormente l’orizzonte di una ripresa, un contesto nel quale rilanciare i consumi fuori casa è vitale per i nostri settori, anche attraverso la riduzione del cuneo fiscale e la cancellazione delle nuove tasse previste tra pochi mesi. Scontiamo ancora l’annus horribilis dei confinamenti e delle restrizioni più severe che si era chiuso con -40% rispetto al 2019 nel canale Ho.Re.Ca. il comparto ha recuperato solo una parte nel 2021 rispetto al periodo pre-pandemico: per alcuni prodotti il 2021 ha segnato ancora -24% rispetto al 2019».

In particolare, nell’Ho.Re.Ca. cole ed bevande energetiche hanno segnato tra -23% e -25%) penalizzati da minori occasioni di pasti fuori casa e dal persistere delle chiusure del canale notturno. Meno drammatici, ma pur sempre negativi, i dati nel canale moderno dove le bevande gassate hanno messo a segno una stabilità rispetto al 2019 e un calo dell’1% rispetto a 2020, con aranciate e gazzose che soffrono di più da -5% a -11%.

In controcorrente il settore brassicolo nazionale, con la produzione di birra in Italia in espansione, tanto che è divenuto possibile realizzare prodotti al 100% italiani. «Abbiamo fatto i primi campi di luppolo della storia dell’Italia contemporanea 14 anni fa, e 11 anni fa abbiamo fatto la prima birra 100% italiana della storia – spiega Teo Musso, presidente del Consorzio BirraItaliana e titolare di un birrificio piemontese -. All’interno del consorzio vi sono ora il 95% dei produttori di luppolo e oltre il 60% della produzione di malto italiano».

Diversi i birrifici “in transizione”, ovvero che vogliono iniziare ad utilizzare materie prime italiane. «Questo è un passaggio epocale – sottolinea Musso – perché sottende la presa di coscienza che la birra è un prodotto agroalimentare, quindi in quanto tale deve poter usare materie prime del territorio».

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