Auto aziendali: il 1° aprile il governo Draghi non rinnovi la deroga italiana alla fiscalità europea

Appello di Aniasa a portare finalmente l’auto aziendale in Europa dopo trent’anni di vessazioni. Consentire alle aziende e partite Iva la completa deducibilità dei costi d’acquisto e dell’Iva. 

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Il 1° aprile, oltre che una data cara ai burloni, è una data fatidica per almeno due aspetti della vita delle aziende: la fine del regime di emergenza determinato dalla pandemia da Covid-19 e il limite per rinnovare o meno il regime di deroga alla normativa europea in fatto di trattamento fiscale delle auto aziendali in Italia, da trent’anni soggetto a continue proroghe e penalizzazioni rispetto al regime ordinario che consente la deducibilità al 100% del costo d’acquisto, di gestione e dell’Iva versata.

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Da molte parti si sollecita il governo Draghi a cessare l’odiosa vessazione esistente in Italia a carico delle auto aziendali che oggi vede una deducibilità ridotta al 20% di un tetto già ridicolo (solo18.300 euro) e al 40% dell’Iva versata. Un trattamento che finisce con il rendere indeducibili gran parte dei costi legati alla mobilità, con conseguente penalizzazione della competitività delle aziende italiane nei confronti dei competitori esteri.

In un contesto di crisi del mercato automotive italiano che in pochi anni ha più che dimezzato le vendite del nuovo, passato da 2,4 milioni a poco più di un milione, tornando di fatto ai livelli degli anni Sessanta del secolo scorso, più che gli incentivi all’acquisto di nuovi veicoli da parte dei privati serve sostenere le aziende e le partite Iva che possono assicurare un strutturale, ma parziale, rilancio del mercato dell’auto tramite maggiori acquisti che ruotano più rapidamente rispetto a quelli dei privati. Se un’azienda ammortizza un veicolo in 3-4 anni, questo finisce sul mercato dell’usato a circa a metà del valore iniziale, consentendo ad un privato o ad un’altra azienda di acquistare un veicolo moderno, sicuro e a ridotto impatto ambientale, contro la media di 10 anni e oltre di un privato.

In realtà come la Germania, sono le aziende ad essere protagoniste del mercato dell’auto con una media di oltre 600.000 immatricolazioni all’anno per via di una condizione vincente: la convenienza fiscale sia per le aziende che per i loro dipendenti. Le prime hanno interesse ad acquistare veicoli nuovi per abbattere i costi, assegnandoli in uso ai loro dipendenti, con quest’ultimi che pagano solo un costo ridotto rispetto ai vantaggi che ne ricevono, decisamente maggiori rispetto ad un aumento secco in busta paga che finisce, invece, penalizzato dal fisco.

Quindi, bene l’appello di Aniasa, l’associazione dei noleggiatori, a chiedere al governo Draghi di non rinnovare all’Unione europea la richiesta di deroga al trattamento fiscale ordinario delle auto aziendali.

Se all’Aniasa va un plauso, viceversa l’Unrae, l’associazione degli importatori di auto estere, merita invece una nota di biasimo per via della sua richiesta di ripristinare il tetto più alto di quello che dovrebbe essere previsto per l’auto elettrica per la nuova ondata di incentivazioni all’acquisto. La proposta del governo prevede di abbassare il tetto all’incentivazione – al netto dell’Iva – da 50.000 a 35.000 euro per l’auto elettrica che viene osteggiata dagli importatori esteri, specie da quelli di emanazione delle case costruttrici cinesi o a forte o totale azionariato cinese.

Il governo fa bene a resistere a tali pressioni, ammantate di un presunto danno alla riduzione dell’inquinamento che non è affatto fondato (anzi, è ormai dimostrato senza alcun dubbio che l’auto elettrica nella sua attuale forma inquina come e peggio rispetto ad un auto con motore termico alimentato con carburanti fossili), soprattutto per non penalizzare la filiera automotive nazionale e per non legare il Paese ad una dipendenza geopolitica a tripla catena con il monopolio cinese sull’approvvigionamento dei materiali indispensabili alla produzione dei motori elettrici e, soprattutto, delle batterie dell’attuale generazione. Ne va degli interessi strategici del Paese e dei consumatori, con quest’ultimi che vanno sostenuti con incentivi tecnologicamente neutri con un’erogazione di 2-3.000 euro uguale per tutti i veicoli a prescindere dalla tipologia di motorizzazione e di emissioni.

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