La decisione del governo Draghi di andare avanti nell’applicazione della direttiva Bolkestein in fatto di concessione dei beni demaniali ed in particolare di quelle relative alle concessioni balneari a Roma c’è stata la protesta degli operatori del settore.
Piazza Santi Apostoli è stata inondata da tantissimi ombrelloni da mare, similmente ad una delle tante spiagge sparse sugli 8.000 chilometri di coste italiane, tranne per il fatto che i balneari hanno urlato e cantato slogan, innalzato cartelli con scritto “No alle aste”, “State svendendo il lavoro di generazioni”, “Non faremo i bagnini ai cinesi” o, ancora, “Bolkestein=Frankenstein”.
I titolari di concessioni balneari sono scesi in piazza contro quella che chiamano la “legge vergogna”, ovvero l’emendamento del governo Draghi al ddl “Concorrenza” sulla riforma delle concessioni demaniali per adeguarsi alla direttiva Bolkestein e a una conseguente sentenza del Consiglio di Stato che ha decretato la messa a gara delle concessioni balneari dopo il 2023.
«Siamo in piazza per la più grande manifestazione dei balneari degli ultimi anni. Non c’è più tempo, siamo qui per difendere il lavoro delle nostre famiglie e il lavoro dei nostri dipendenti. Abbiamo fatto solo un errore, un grave errore: fidarci delle leggidello Stato» dice Enrico Schiappapietra, vicepresidente del Sib (Sindacato Italiano Balneari, aderente a Fipe Confcommercio) che ha organizzato la manifestazione assieme alla Fiba (l’associazione dei balneari di Confesercenti).
«E’ un momento di confronto – dice Maurizio Rustignoli, presidente della Fiba – che abbiamo voluto organizzare per sensibilizzare il governo e il Parlamento affinché gestiscano in modo più equilibrato l’emendamento che si sta valutando e di cui si è tanto parlato in questi giorni. E che, purtroppo, contiene molto poco per il futuro dell’impresa balneare, anzi per il futuro dello stesso sistema balneare. Va assolutamente corretto».
Assente a causa del Covid, ma collegato in diretta da casa, il presidente del Sib, Antonio Capacchione, che urla dallo schermo la sua rabbia: «soffro molto per non poter essere fisicamente con voi dopo quello che stiamo patendo e quello che abbiamo organizzato. Bisogna cambiare, ma non possiamo morire oggi per campare domani. Non c’è tempo da perdere. C’è bisogno di una legge subito, ma di una buona legge, non di una legge che crea problemi e che distrugge, che fa chiamare gli avvocati. Noi siamo pronti a discutere perché veniamo da 12 anni di duro studio e impegno, di profonda conoscenza della problematica. Siamo in grado di dare un contributo al Parlamento e al governo. Ci auguriamo che ci ascoltino, non come hanno fatto nell’ultimo periodo».
Sul palco sale anche il senatore azzurro Maurizio Gasparri, storico sostenitore dei balneari: «l’Europa – attacca – faccia la guerra a chi fa le invasioni e non a chi pianta ombrelloni sulle nostre spiagge. Il nemico dell’Europa è chi usa i carri armati, non chi mette lettini, asciugamani e altro. Qui davanti a me c’è un pezzo di Pil italiano e lo diciamo anche a Mario Draghi: l’Italia non il petrolio, non ha il gas, ma ha le spiagge, ha il turismo, ha le imprese balneari che sono il nostro petrolio e che dobbiamo valorizzare, tutelare e rispettare. Forza Italia non vuole una norma a dispetto ma norme di rispetto. Vogliamo la dignità, Mattarella ne ha parlato durante il suo discorso e si ricordi anche lui della dignità del vostro lavoro».
«I ministri non si fanno più trovare perché non sanno cosa dirci, l’emendamento ci è stato presentato 30 minuti prima che fosse votato in Consiglio dei ministri – dice Marco Scajola, assessore della regione Liguria e coordinatore degli assessori al demanio nell’ambito della Commissione infrastrutture e mobilità della Conferenza delle Regioni -. Non ci è stato inviato, ma ci è stato letto. Anzi ci sono stati enunciati i principi del provvedimento, principi che poi non abbiamo ritrovato nell’emendamento. Questo è vergognoso».
Se molti azzurri erano presenti alla manifestazione, viceversa si sono notate parecchie assenze tra i leghisti, forse per non doversi giustificare della solita azione di governo dei piedi in due staffe, per cui in Consiglio dei ministri si vota a favore, salvo poi promettere di ascoltare e modificare il provvedimento in sede di discussione parlamentare, facendo finta di non sapere che il governo Draghi sui provvedimenti delicati ha sempre messo la fiducia, facendo decadere ogni tentativo di discussione e modifica parlamentare.
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