Accise, pesante estorsione di Stato su tutti i prodotti energetici

Imposta in quota fissa gravante su carburanti, gas metano, energia elettrica e pure la birra. Serve una profonda rivisitazione del gravame fiscale. 

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Le accise gravanti sui vari prodotti energetici sono un’autentica estorsione di Stato che generano ingenti risorse pronta cassa con un tasso di evasione praticamente inesistente. Le accise sui vari prodotti sono determinate ogni anno in misura fissa dall’Agenzia accise, dogane e monopoli e gravano in misura differente a seconda dei vari impieghi, più pesanti sui carburanti da autotrazione, più leggere sugli impieghi energetici e di utilità sociale, come la protezione civile, il pubblico soccorso, ecc. E sulle accise, grava in misura mobile l’imposta sul valore aggiunto, l’Iva, che varia sulla base dell’andamento delle quotazioni internazionali dei vari prodotti energetici sottostanti.

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Comunque sia, il peso delle accise è ormai eccessivamente rilevante, tanto che sui carburanti da autotrazione superano la metà del prezzo al consumo, con gravi ripercussioni su tanti, troppi settori che li utilizzano a scopo professionale, tanto che gli autotrasportatori sono scesi in agitazione più o meno spontanea con la sospensione delle attività perché ormai il costo dei carburanti assorbe tutti i margini operativi facendoli lavorare in perdita. E lo stesso vale per il settore della pesca, con il fermo delle imbarcazioni nei porti e la mancanza di pesce fresco nazionale sui banchi dei mercati.

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Il peso delle tasse sui carburanti: a sx il prezzo in un distributore italiano; a dx il prezzo esente da accise e Iva in un impianto nella zona extradoganale di Livigno lo scorso 8 marzo.

Si potrebbe intervenire sulle accise, molte delle quali di carattere storico, come il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935, la crisi del canale di Suez del 1956 o il disastro del Vajont del 1963 o l’alluvione di Firenze del 1966, per citare quelle più antiche? Sicuramente sì, “Lo Schiacciasassi” ne è convinto e un tale provvedimento servirebbe per ridare competitività al Paese sia sul lato della manifattura che sull’attrattività turistica.

Ballano circa 50 miliardi di gettito all’anno che si potrebbero recuperare aggredendo la similare cifra degli sprechi di Stato che, già nel 2014 l’economista Carlo Cottarelli aveva fatto una rivisitazione delle spese dello Stato individuando circa 50 miliardi di spesa inutile, di autentici sprechi privi di valore generale se non quello di beneficiare di qualche piccola lobby o clientela elettorale. Ecco, se il governo Draghi avesse il coraggio di affondare il bisturi sugli sprechi si libererebbe un’enorme mole di risorse, utile per tagliare le tasse, ad iniziare proprio dalle accise, integrandole, se non bastano, con gli sprechi da 20 miliardi del reddito di cittadinanza e dei vari superbonus che hanno generato almeno 5 miliardi di truffe.

Ma per una maggioranza così eterogenea e sconclusionata come quella attuale è praticamente impossibile che si possa fare, con il risultato che l’Italia avrà nuovamente le ali della crescita tarpate, forse piombate definitivamente.

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