La guerra in Ucraina e il caro energia pesano sulla crescita del Paese: una prima valutazione dell’Istat degli effetti dello shock dei prezzi energetici mostra che, a parità di altre condizioni, il Pil italiano risulterebbe inferiore di 0,7 punti percentualirispetto a quello stimato in uno scenario base in cui le quotazioni dei beni energetici rimanessero sui livelli di inizio anno.
«La stima dell’impatto della crisi sull’economia italiana è estremamente difficile. L’evoluzione del conflitto e gli effetti delle sanzioni finanziarie ed economiche decise dai Paesi occidentali sono caratterizzati da elevata incertezza» afferma l’Istat secondo cui «i preesistenti fattori di rischio al ribasso che caratterizzavano la congiuntura mondiale si è aggiunta la crisi geopoliticainternazionale che ha innescato un’ulteriore accelerazione dei prezzi delle commodity energetiche e alimentari, giunti a livelli eccezionalmente elevati».
Al momento «è possibile valutare l’impatto dello shock sui prezzi dei beni energetici rispetto a uno scenario base. Utilizzando il modello macroeconomico dell’Istat “MeMo-It”, il confronto evidenzia un effetto al ribasso sul livello del Pil nel 2022 di 0,7 punti percentuali».
Va male anche la produzione industriale: a gennaio 2022 l’Istat stima che l’indice destagionalizzato diminuisca del 3,4% rispetto a dicembre. Nella media del trimestre novembre-gennaio il livello della produzione diminuisce dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. E’ il secondo mese consecutivo e il calo è comune a tutti i principali settori di attività. Nella media del trimestre novembre-gennaio il livello della produzione diminuisce dello 0,5% rispetto al trimestre precedente.
L’indice destagionalizzato mensile segna diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: variazioni negative caratterizzano, infatti, l’energia (-5,2%), i beni di consumo (-3,6%), i beni intermedi (-3,4%) e, in misura meno rilevante, i beni strumentali (-1,6%).
I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceuticidi base e preparati farmaceutici (+10,7%), la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+8,2%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (+1,6%). Viceversa, le flessioni più accentuate si osservano nelle attività estrattive(-12,7%), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche (-12,0%) e nelle altre industrie manifatturiere (-7,1%). Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, la produzione industriale a gennaio cala del 3,4% sul mese precedente e del 2,6% su base annua.
«Una Caporetto per le nostre industrie dovuta all’effetto bollette – segnala l’Unione nazionale consumatori -. Come per le famiglie, il raddoppio delle fatture di luce e gas registrato da gennaio sta avendo gravi ripercussioni sulle industrie con aumenti dei costi spesso insostenibili che hanno costretto a sospendere molte produzioni per non fare andare in tilt i bilanci dell’impresa».
Sul fronte del comparto primario, Coldiretti segnala che per lo scoppio della guerra e il balzo dei costi energetici l’agricoltura deve pagare una bolletta aggiuntiva di almeno 8 miliardi su base annua, rispetto all’anno precedente, cosa che mette a rischio coltivazioni, allevamenti, e industria di trasformazione nazionale ma anche gli approvvigionamenti alimentari di 5 milioni di italiani che si trovano in una situazione di indigenza economica.
Le preoccupazioni riguardano anche il fronte dei consumi delle famiglie: «il calo della produzione industriale di gennaio è nettamente peggiore delle attese e rafforza l’impressione negativa che, riguardo alla salute dell’economia, si aveva già sulla base della dinamica delle vendite al dettaglio – afferma l’Ufficio studi Confcommercio -. La riduzione dell’attività produttiva, sebbene diffusa appare particolarmente grave per il comparto dei beni di consumo, a segnalare ancora una volta il ruolodella domanda delle famiglie nel promuovere la crescita del Pil. La conferma di una crescita decisamente rallentata già primadella crisi delle ultime settimane, i cui riflessi sui prezzi, sui consumi e sulla produzione si vedranno in misura concreta solo a partire dai dati di marzo ed aprile, rende sempre più difficile il raggiungimento nel 2022 di una variazione del Pil vicina al 4%».
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