La crisi russo ucraina sta avendo pesanti ripercussioni sull’economia europea e italiana in particolare, che dipende per il 40% delle proprie importazioni di gas proprio dalle forniture russe, con non secondari problemi di sicurezza degli approvvigionamenti se le sanzioni economiche e, nel caso più grave, la guerra dovesse allargarsi, facendo emergere il problema dell’autonomia energetica dell’Italia.
L’Italia paga almeno 15 anni di mala politica, dove la demagogia di tanti, troppi partiti e schegge politiche hanno fatto a gara per ridurre la ricerca e produzione di risorse nazionali, aumentando la dipendenza dall’estero, con il risultato che il Paese importa forniture per oltre il 95% dei propri consumi. Una situazione che ora si è fatta insostenibile, con fortissime preoccupazioni per garantire le forniture di energia a famiglie ed imprese.
Serve cambiare urgentemente passo. “Lo Schiacciasassi” ne è convinto e il piano di sviluppo delle risorse fossili nazionali (il “Pitesai” appena approvato dal Parlamento) ne è un cattivo esempio, perché non valorizza appieno le potenzialità nazionali in fatto di produzione di petrolio e di gas metano, che potrebbero garantire una quota maggiore di autonomia energetica.
Non solo: le logiche “nimby” (“non nel mio cortile”) di tanti, troppi comitati locali hanno finora impedito non solo la realizzazione di termovalorizzatori per risolvere un doppio problema (il trattamento dei rifiuti urbani senza mandarli in discariche ormai vietate dall’Europa con conseguenti pesanti sanzioni economiche e il loro mancato sfruttamento energetico, con il risultato che gran parte d’Italia esporta rifiuti verso inceneritore esteri che, oltre a guadagnare per il servizio reso, producono pure energia elettrica e riscaldamento a spese degli italiani…), di impianti di rigassificazione (l’Italia ne ha attivi solo tre, contro i sette previsti ancora una decina di anni fa), ma pure di impianti di energia rinnovabile come il fotovoltaico ed eolico perché disturba il paesaggio. Insomma, si è giunti al colmo di essere nella merda fino al collo, ma di insistere nel formulare obiezioni e distinguo.
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