Confcommercio va verso la revisione delle stime del Pil 2022 abbassandole al +3,5/3,7% rispetto al +4% previsto precedentemente a causa di una «differente previsione delle tensioni inflazionistiche. Nelle prossime settimane noi faremo il nostro prossimo quadro e dovremmo essere intorno al 3,5 e 3,7%» ha spiegato Mariano Bella, direttore Ufficio Studi Confcommercio.
Con l’effetto moltiplicatore degli investimenti pubblici legati al Pnrr, per un euro di investimento pubblico si otterrebbero 1,24 euro di prodotto lordo; un risultato sperabile, ma piuttosto ambizioso e ancora più sfidante se declinato in ottica Mezzogiorno afferma il Centro studi di Confcommercio nel documento “Pnrr per un nuovo Mezzogiorno”.
Quello del Pnrr è un «obiettivo sfidante perché il Mezzogiorno ha ritardi amministrativi, burocratici e produttivi che o vengono superati e quindi l’efficienza degli investimenti anche al Sud è massima o il punto interrogativo sulla riuscita e sul successo di questo grande progetto collettivo è lecito porselo – ha spiegato Bella -. E’ necessario aggiustare il mercato del lavoro e investimenti nel Mezzogiorno, altrimenti non succederà il miracolo di vedere una diminuzione dei divari».
Secondo il Centro studi di Confcommercio, «prima delle transizioni green e tecnologica, bisogna affrontare la transizione demografica». Guardando ai dati, la popolazione nel Sud Italia è scesa di 400.000 unità rispetto a 25 anni fae di 600.000 unità negli ultimi 10 anni da 20,8 milioni nel 2007 a 20,3 milioni nel 2019». Il Mezzogiorno, ha spiegato Bella, «se la demografia non funziona, non funziona neanche il mercato del lavoro: abbiamo un Sud che ha meno input di lavoro rispetto a 25 anni fa, riscontrando un incrocio pericoloso tra questione meridionale e questione femminile». Perché la partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel Mezzogiorno «è – secondo Bella – assurdamente basso»: nel 2007 e 2019 il tasso di occupazione 15-64 anni delle donne in Ue sono il 63% in Italia è il 59,2% nel Sud siamo al 33,2% «è un mondo totalmente diverso, c’è poi un Sud del Sud – rappresentato dalla Calabria – dove il tasso di occupazione femminile in 15 anni scende dal 31 al 30,3%. Se non aggiustiamo questi numeri non c’è nessuna speranza».
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