Otto associazioni che rappresentano la filiera industriale automotive italiana, nonché le imprese produttrici e distributrici di carburanti rinnovabili e a basso tenore di carbonio , liquidi e gassosi (Unem, Federmetano, NGV Italia, Assogasmetano, Assogasliquidi, Anigas, Anfia, Confapi), hanno inviato una lettera congiunta al presidente del Consiglio, ai ministri competenti e al rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea avvertendo sui rischi, occupazionali ed economici, che si corrono mettendo con l’annunciato programma di abolizione dei motori a combustione interna contenuto nel piano europeo “Fit for 55”.
Nella lettera si fa presente come nella definizione delle strategie per il raggiungimento degli obiettivi del piano europeo “Fit for 55”, non si possa prescindere dal fatto che il parco circolante europeo di auto e veicoli commerciali sarà costituito al 2030 ancora da oltre il 70% di mezzi equipaggiati con motori a combustione interna (ICE), in particolar modo con riferimento al trasporto pesante, e che bisogna necessariamente sostenere, parallelamente allo sviluppo di un ecosistema per la mobilità elettrica, una strategia europea per i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio per far sì che l’importante contributo di decarbonizzazione richiesto al settore dei trasporti su strada, possa efficacemente realizzarsi.
Una realistica transizione energetica del parco circolante al 2030, sia a livello italiano che europeo, si legge nella lettera, non può che realizzarsi definendo obiettivi di mercato che valorizzino anche il contributo che i combustibili rinnovabili e a basso contenuto di carbonio sono in grado di assicurare già nel breve periodo agendo su tutto il parco veicoli già circolante, garantendo allo stesso tempo che il tessuto industriale possa affrontare la transizione in maniera meno violenta.
«Le filiere industriali che le associazioni rappresentano – prosegue la lettera – oltre a costituire eccellenze a livello globale e ad essere da anni asset strategici per il nostro Paese, hanno tutte le capacità innovative, tecnologiche e professionali per contribuire in maniera vincente alle sfide che i cambiamenti, ma la complessità di queste sfide e delle rivoluzioni che derivano dalla transizione energetica, ci porta a ribadire con forza l’impossibilità di considerare tutto risolvibile con il contributo di un’unica tecnologia, tra l’altro ancora in evoluzione dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e non ancora matura a livello di ecosistema di mercato in quasi nessun paese europeo».
Si sottolinea altresì la carenza dello studio di impatto della Commissione nella proposta di modifica degli obiettivi CO2 di auto e veicoli commerciali leggeri contenuta nel pacchetto “Fit for 55”, anche se numerose pubblicazioni hanno evidenziato i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 nei diversi Paesi manifatturieri a vocazione automotive.
Il più recente studio di CLEPA (associazione dei componentisti automotive europei) sottolinea che l’Italia è il paese con la minor capacità di ripresa e rischia di perdere al 2040, circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030. Sono perdite che le nuove professionalità legate allo sviluppo della mobilità elettrica non basteranno a compensare (Studio CLEPA – PwC Strategy& – Electric Vehicle Transition Impact Assessment Report 2020 – 2040).
Fra le diverse metodologie alternative rispetto a quanto scelto dalla Commissione per la valutazione degli impatti reali dovuti al trasporto su strada, nell’ottica di sviluppo dell’economia circolare, continua, è da preferire l’adozione del “Life Cycle Assessment” (LCA), includendo nell’analisi i processi di fabbricazione e di fine vita del veicolo e dei singoli carburanti, o quantomeno dell’approccio “Well-to-Wheel” (dal pozzo alla ruota), per la valutazione del risparmio delle emissioni di CO2eq dei diversi vettori energetici, fino all’implementazione di meccanismi molto validi e volontari come il “crediting system” che tengono conto dei benefici ambientali addizionali dei carburanti rinnovabili e a basso tenore di carbonio. Sono tutte soluzioni che se adottate nella regolamentazione europea favorirebbero lo sviluppo dei carburanti rinnovabili e a basso tasso di carbonio liquidi e gassosi, assolutamente necessari per contribuire da subito alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei trasporti su strada.
La lettera conclude rimarcando che un quadro normativo e regolamentare inclusivo, neutrale, chiaro e stabile, derivante da una strategia di decarbonizzazione non basata solo sull’elettrificazione come punta il piano europeo “Fit for 55”, ma aperta ad una varietà di tecnologie, comporterà anche notevoli benefici sociali e positive implicazioni occupazionali.
«Certi che quanto su esposto possa essere di grande interesse per l’urgente ed imminente definizione di una strategia italiana che sia in grado di assicurare il raggiungimento dei target ambientali europei e globali, potenziando e valorizzando la competitività delle filiere industriali strategiche nazionali, le associazioni scriventi si rendono sin d’ora disponibili a dare qualsivoglia tipo di contributo scientifico su tutte le tecnologie automotive (elettrico, ICE, GPL e Gas naturale, idrogeno, etc.), così da poter assicurare al CITE – Comitato interministeriale per la transizione ecologica tutti gli approfondimenti e gli scenari di sviluppo di cui possa aver bisogno per prendere le sue decisioni».
Sullo stesso tema scende in campo anche l’Acea, l’Associazione europea dei costruttori auto, che solleva un grido d’allarme in vista dell’adozione dei nuovi regolamenti Euro7 che dovranno stabilire i limiti delle emissioni allo scarico delle nuove auto con motori a combustione interna. Il problema sollevato dall’Acea è relativo ai tempi, delle tipologie di veicoli e della chiarezza delle nuove regole.
Secondo i costruttori europei, da quando l’Acea ha fatto la sua proposta alla Commissione europea, a giugno 2021, sul biennio 2025/2026 per l’introduzione delle nuove regole, sui nuovi valori limite e sulle procedure dei test di omologazione, nulla si è più mosso a Bruxelles. Anzi, sostiene l’Acea, la decisione della Commissione Europea sull’adozione degli standard Euro7 è slittata da fine 2021 al 5 aprile 2022, cosa che rende praticamente impossibile fissare il 2025 come anno di partenza dei nuovi limiti Euro7, si è poi aggiunta la discussione sull’effettiva necessità di diversificare i livelli di emissioni allo scarico per le autovetture/veicoli commerciali leggeri (Euro7) e i commerciali pesanti (Euro VII), oltre al silenzio della Commissione sullo schema dei nuovi limiti Euro7.
In pratica i principali gruppi automobilisti europei chiedono alle istituzioni di fare presto e di proporre al più presto regole chiare e univoche per fare in modo che tutta l’industria dell’auto possa «focalizzare gli investimenti e le risorse ingegneristiche verso una mobilità carbon-neutral che possa affiancarsi all’elettrificazione della gamma veicoli per arrivare alla neutralità del carbonio entro il 2050».
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