Le materie prime siderurgiche e prodotti finiti stanno viaggiando su due binari diversi sul mercato dell’acciaio nazionale. Il SiderIndex (l’indice che condensa l’andamento delle quotazioni dei prodotti finiti in acciaio al carbonio in Italia) ha risentito a dicembre 2021 della riduzione del prezzo dei prodotti piani, perdendo 18,7 euro rispetto a novembre e scendendo a 822,93 euro la tonnellata (-2,21%), mentre il confronto tra le medie annue 2020-2021 mostra una crescitasignificativa di oltre il 124%.
Lo Scrap Index (l’indice che condensa l’andamento del rottame di acciaio al carbonio in Italia, la principale materia prima per la siderurgia nazionale) è salito a 435,95 euro la tonnellata (+6,23%). È il livello più alto dell’ultimo quadrimestre. L’indice si conferma in crescita (+71%) anche nel confronto con le medie dell’ultimo biennio.
Quanto alla tendenza degli ultimi mesi, in Italia «la curva dei prezzi dei prodotti finiti ha cominciato a salire primarispetto a quella delle materie prime, a inizio settembre 2020. Per tutta la parte finale del 2020 e nel 2021, quindi, è stata la domanda la chiave dell’aumento dei prezzi: la richiesta è stata maggiore rispetto all’offerta – spiega Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb -. Di conseguenza, le quotazioni dei finiti sono salite, trascinando le materie prime. Queste ultime, però, hanno avuto un andamento più volatile, subendo anche dei bruschi cali tra luglio e ottobre, che invece sono stati più dolci per i prodotti finiti».
Passando alle previsioni per il 2022, Ferrari ipotizza che «se la domanda rimarrà forte, sarà probabile che il prezzo dei prodotti finiti continuerà a trascinare quello delle materie prime. Se, invece, la domanda dovesse indebolirsi, allora si potrebbe tornare alla situazione pre–pandemica, quando, a causa di una domanda di acciaio non esaltante, erano le materie prime l’arbitro del destino dei finiti».
Secondo Federacciai, la produzione siderurgica italiana nel 2021 è stata di 24,411 milioni di tonnellate, in aumento del 19,8% rispetto al 2020 (e del 5,3% in più sul 2019). Un risultato in linea con quello del 2018 (-0,4%), che fu un ottimo anno per l’acciaio italiano.
In dettaglio, l’output dei prodotti lunghi (blumi, billette e derivati) nel 2021 è cresciuto del 21,8% (13,599 milioni di tonnellate). La produzione dei prodotti piani (bramme, coils e derivati) è salita del 16,6% (11,049 milioni di tonnellate).
La bilancia commerciale siderurgica italiana a ottobre 2021 (ultimo dato disponibile) è risultata in deficit per 1,814 milioni di tonnellate, contro le -734.000 tonnellate dello stesso mese del 2020. Il disavanzo, quindi, è aumentato di oltre 862.000 tonnellate (elaborazione siderweb su dati Istat).
È peggiorato sia il deficit con i Paesi europei, sia quello con i Paesi terzi. Il primo è passato dal sostanziale pareggio di ottobre 2020 (-14.000 tonnellate) a -232.000 tonnellate; il secondo è raddoppiato, salendo da 720.000 a 1,582 milioni di tonnellate.
A ottobre 2021, l’import italiano di materie prime, semilavorati, prodotti finiti e tubi è stato pari a 3,258 milioni di tonnellate. Rispetto all’anno precedente, si segnala un incremento dei traffici di oltre 920.000 tonnellate (+39,5%). Delle cinque categorie di prodotti prese in esame, quattro salgono mentre rimangono al palo solo i tubi (-12,8% a 73.000 tonnellate).
Sul versante dell’export, a ottobre i volumi sono calati. Mentre nel decimo mese del 2020 le esportazioni sono arrivate a quota 1,601 milioni di tonnellate, nello stesso del 2021 si sono fermate a 1,444 milioni di tonnellate, con una riduzione del 9,8%. Analizzando le categorie dei prodotti venduti fuori dai confini nazionali, si rileva che solo i piani confermano il tonnellaggio del 2020 (488.000 tonnellate).
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