I timori legati all’andamento dei consumi durante i saldi sembrano essersi concretizzati: secondo Confimprese la tensione della spinta inflazionistica sta avendo ripercussioni non indifferenti sul potere d’acquisto delle famiglie italiane, di cui il 18,9% già a inizio anno ha dichiarato che non avrebbe approfittato delle offerte e degli sconti invernali.
Stando alle ultime rilevazioni di Confimprese, i primi dieci giorni del 2022 si sono aperti male per il commercio al dettaglio, con un andamento dei saldi in calo del 30% e un calo verticale delle presenze nei centri commerciali e nei centri città, che in soli due giorni, il 10 e 11 gennaio, hanno messo a segno un calo del fatturato del 50% sul 2019.
I dati Istat, con l’inflazione che galoppa nel mese di dicembre, confermano una situazione di forte instabilità che frenai consumi e apre uno scenario a tinte fosche. «Con l’inflazione a +0,4% su base mensile e a +3,9% su base annua si torna a parlare di gelata dei consumi», ha spiegato il presidente di Confimprese, Mario Resca, evidenziando come la spinta inflazionistica si ripercuota negativamente anche sui saldi.
Secondo le rilevazioni del Centro studi Confimprese, continua anche l’ondata negativa degli sconti invernali, che non riescono a controbilanciare l’andamento negativo dei consumi. La speranza di recuperare nella prima settimana dall’avvio, che è quella dove generalmente si concentrano la maggior parte degli acquisti, non si è concretizzata.
«Nell’abbigliamento, il 78% dei rivenditori dichiara un trend negativo tra –30% e -40% sullo stesso periodo 2020 pre-Covid e come media del settore, sia pure con i dovuti distinguo da insegna a insegna, non si registrano incrementidello scontrino medio – prosegue Resca -. I rivenditori ritengono che il peggioramento del contesto economico abbia influito negativamente sulle vendite durante i saldi. A inasprire il quadro è l’assenteismo causa Covid, con malattie e quarantene, che tocca il 20% del totale del personale di negozio, tanto che circa la metà delle insegne ha dovuto ridurre gli orari o chiudere dei punti vendita, stimati al 10% della rete. Inoltre, anche lo scontrino medio è rimasto invariato».
Dopo i segni incoraggianti di una ripresa dell’economia e dei consumi, una concomitanza di fattori sta dunque mettendo nuovamente a dura prova il commercio al dettaglio, che non vede ancora la luce in fondo al tunnel, anzi sembra proprio che qualcuno l’abbia spenta anzitempo.
«Siamo al terzo anno di pandemia e continuiamo a essere in difficoltà per effetto del lavoro da remoto, dei lavoratori in quarantena e della paura dei contagi – sottolinea Resca -. Il caro bollette, la mancanza di materie prime e l’inflazione, ormai acclarata e non più transitoria, rischiano di bloccare nuovamente il Paese. I consumi si stanno bruscamente fermando. Abbiamo necessità di sostegni reali che siano vicini alla sopravvivenza del settore, di nuove misure sugli ammortizzatori sociali e di accesso al credito, ma anche di contributi a fondo perduto e misure fiscaliche ci consentano di attraversare un altro anno pesantissimo. Se non arriva liquidità immediata nel sistema produttivo, il commercio al dettaglio rischia il collasso».
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