Motori termici, sconcerto di Confindustria Nord per la decisione del Cite

In Italia nella filiera automotive a rischio 70.000 posti lavoro e investimenti per il divieto di commercializzare nuovi veicoli con motori a benzina e diesel a partire dal 2035.

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Confindustria Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto si ribellano alla decisione del Cite con cui si mette fuori legge la commercializzazione di veicoli nuovi con motori termici benzina e diesel a partire dal 2023.

I presidenti Francesco Buzzella (Confindustria Lombardia), Pietro Ferrari (Confindustria Emilia-Romagna), Marco Gay(Confindustria Piemonte), Enrico Carraro (Confindustria Veneto) esprimono «sconcerto e preoccupazione in merito alle ultime dichiarazioni del Comitato interministeriale per la transizione ecologicaCite sulla transizione tecnologicadella filiera automotive». A preoccupare è la «mancanza di una progettualità chiara che consenta a migliaia di aziende italiane del settore di adeguarsi gradualmente all’imposizione dell’Ue di procedere con l’elettrificazione dei motori abbandonando completamente la combustione».

I quattro presidenti evidenziano inoltre come l’orizzonte del 2035, per un’industria che deve «affrontare una transizione tecnologica senza precedenti, è sostanzialmente inattuabile allo stato odierno. Senza l’indicazione – aggiungono Buzzella, Ferrari, Gay e Carraro – di un’alternativa, o quantomeno l’introduzione di un principio di gradualità, la strada tracciata dall’Ue comporterà il blocco degli investimenti nei motori a combustione, oltre alla sostanziale chiusura del mercato con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Solo in Italia si rischia di bruciare oltre 70.000 posti di lavoro entro il 2030».

Confindustria Nord ribadisce che gli imprenditori italiani sono «favorevoli alla decarbonizzazione» e chiede «quanto prima un Piano di politica industriale per la transizione del settore automotive che tenga in considerazione le esigenze delle aziende. Oltre alle risposte ai dubbi appena illustrati, il Piano dovrebbe prevedere indicazioni su come colmare il gap delle competenze professionali e dovrà porsi l’obiettivo di frenare le spinte delocalizzatrici che saranno inevitabili nel momento in cui l’impresa valuterà più competitivo produrre in quei Paesi, al di fuori dell’Europa, dove sono già ampiamente utilizzate quelle tecnologie necessarie a rendere sostenibile l’elettrificazione, dove sono presenti le competenze per implementarla, e dove i vincoli burocratici non sono dettati dalle ideologie ma dal mercato. Non è attraverso politiche anti-delocalizzazioni che si attraggono imprese sul territorio italiano».

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