Il Trentino va verso la crisi dei rifiuti con l’esaurimento delle discariche, a partire da quelle di valenza provinciale di Trento e di Rovereto che ha comportato la riapertura provvisoria degli impianti in Val di Non e in Primiero per ovviare momentaneamente il problema.
Comunque sia, l’Autonomia speciale è in deciso ritardo sul completamento della gestione dei rifiuti, nonostante un sistema ben oliato e di successo con la raccolta differenziata al 75,5% che si colloca al livello più alto tra le regioni italiane. Se per l’umido e il riciclaggio la situazione è ottimale, il problema è relativo alla frazione finale che va smaltita e la via obbligata, stante la saturazione delle discariche, è quella di realizzare un impianto di termovalorizzazione, scelta che la politica trentina ha sempre dribblato per via della logica “nimby”.
Una situazione che il prossimo aggiornamento del Piano provinciale dei rifiuti previsto entro la fine di dicembre 2021 dovrebbe finalmente affrontare e risolvere: «nel Piano si troverà una soluzione per l’anello finale del ciclo dei rifiuti» afferma l’assessore provinciale all’ambiente e vicepresidente del Trentino, Mario Tonina, che rimanda alle scelte dei tecnici il compito delle soluzioni migliori per assicurare la corretta gestione dei rifiuti e il minore impatto ambientale.
Quanto alla localizzazione, Tonina è cauto, ben sapendo che il tema è ingiustificatamente sensibile tra la popolazione, nonostante il fatto che la tecnologia oggi disponibile renda il termovalorizzatore un impianto ad impatto praticamente zero, anzi pure ad impatto positivo se lo si progetta per recuperare quasi completamente il calore prodotto e la CO2 per generare materiali secondari, ad iniziare dai carburanti sintetici.
In Trentino, al momento esiste un’unica localizzazione che risponde ai requisiti che saranno inseritinell’aggiornamento del Piano provinciale dei rifiuti, a partire dalla rete di teleriscaldamento che permette di sfruttare appieno il calore generato dall’impianto: si tratta della città di Rovereto, che attualmente alimenta la rete tramite un gruppo turbogas alimentato a gas metano che produce anche energia elettrica. Tecnicamente, l’impianto esistente nella zona industriale potrebbe essere facilmente implementato da una piccola linea di combustione dei rifiuti solidi residui, sostituendo gran parte dei consumi di gas metano.
Per i cittadini potrebbero esserci vantaggi in termini di abbattimento delle tariffe di teleriscaldamento rispetto a quelle odierne, mentre per i residenti non allacciati alla rete potrebbero esserci benefici sulle tariffe elettriche, specie per gli impianti di climatizzazione che funzionano con pompa di calore.
Potrebbe essere una quadratura virtuosa del cerchio ambientale, con benefici per tutti, che si spera non venga messo in discussione dalle solite, deteriori logiche “nimby” che non risolvono i problemi, semmai li aggravano inutilmente.
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