La pandemia ha avuto effetti significativi sul mondo del lavoro, creando più disoccupazione e inasprito molte disuguaglianze socio-economiche preesistenti: nonostante ciò, osservando l’andamento nel tempo, si vede che in tutti i paesi europei, tranne che in Italia, i salari medi annuali sono aumentati.
Il mese scorso, Openpolis ha parlato del tasso di occupazione in Europa, un indicatore che ci permette di comprendere lo stato del mercato del lavoro in un paese e il livello di inclusione economica della sua popolazione. Da un punto di vista della qualità dell’impiego, però, uno degli aspetti più importanti da considerare è proprio l’entità della retribuzione, ovvero quanto i lavoratori ricevono come salario.
I salari medi annuali dopo lo scoppio della pandemia
Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), in tutto il mondo la pandemia ha messo alla prova i lavoratori e ne ha peggiorato le condizioni di vita. Anche in Europa molti posti di lavoro sono andati perduti e il numero di ore lavorate in media ha registrato un calo, soprattutto per quanto riguarda le professioni meno retribuite. Mediamente, nel 2020 la massa salariale, con cui si intende il totale dei salari lordi non standardizzati, è infatti diminuita rispetto all’anno precedente.
-6,5% di massa salariale, in Europa, tra prima e dopo la pandemia, secondo le stime dell’Oil.
A causare questo fenomeno è stato, in maniera particolare, il taglio delle ore lavorative, mentre il problema della perdita del lavoro è stato in buona parte arginato da misure di salvaguardia a livello nazionale, che sono riuscite a contenerne gli effetti più negativi. Questo in Italia si è concretizzato con il blocco dei licenziamenti, in vigore da febbraio 2020 a fine giugno 2021 (fine ottobre per le aziende che accedono agli ammortizzatori sociali introdotti dal Decreto sostegni e fine dicembre per i datori di lavoro che accederanno alla Cassa integrazione).
Anche la perdita di massa salariale è stata limitata grazie a misure statali. In particolare i sussidi, messi in campo da gran parte dei paesi europei, avrebbero dimezzato secondo l’Oil l’impatto della crisi, riportando la perdita effettiva a -3,1% (rispetto al -6,5% iniziale).
Il Lussemburgo è il paese europeo con il salario annuale medio più alto
Nel 2020, nel mezzo della pandemia, il salario medio annuale di un cittadino lussemburghese era il doppio di quello di un greco, e quasi tre volte quello di uno slovacco. In generale, ad avere i salari medi più alti sono i paesi dell’Europa nord occidentale (Lussemburgo, Paesi Bassi, Belgio, Danimarca), mentre quelli più bassi li registrano stati membri dell’Europa centrale (Slovacchia e Ungheria) e meridionale (Grecia e Portogallo).
Secondo l’Ocse, in alcuni paesi europei tra il 2019 e il 2020, nonostante la pandemia, i salari medi annuali sarebbero lievemente aumentati. È, per esempio, il caso dei Paesi Bassi (+2,4%), e di alcune nazioni dell’Europa centrale tra cui la Slovenia (+2,3%), ma anche dei paesi baltici (soprattutto la Lettonia, con un aumento pari al 7,1%). Mentre in stati come Francia, Spagna e Italia si è registrato un lieve calo, pari rispettivamente al 3,2% per la Francia, al 2,9% per la Spagna e al 5,9% per l’Italia.
L’andamento dei salari negli ultimi 30 anni
In tutti i paesi europei Ocse, fatta eccezione per l’Italia, dal 1990 ad oggi il salario medio annuale è aumentato. In alcuni casi poi in maniera molto evidente. L’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari sono diminuiti rispetto al 1990.
L’aumento maggiore si è registrato nei paesi dell’ex blocco sovietico. In Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, ad esempio, il salario medio annuale è raddoppiato. Ma le percentuali più alte si riscontrano nei paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), dove tra il 1995 e il 2020 i salari sono più che triplicati.
Ovviamente, parliamo di paesi in cui i salari medi annuali, 30 anni fa, erano molto bassi rispetto a quelli degli altri stati europei. Se pensiamo alla Lituania ad esempio, il paese europeo Ocse che ha registrato il più grande miglioramento in questo senso, nel 1995 la retribuzione era pari a poco più di 8 mila dollari l’anno. Nel 2020, invece, è salita a circa 32.000, con una crescita del 276,3% del salario medio annuale.
I paesi dell’Europa meridionale come Spagna e Portogallo e, in misura minore, la Grecia hanno invece registrato degli aumenti decisamente più modesti (13,7% per il Portogallo e 6,2% per la Spagna).
In Spagna, Italia e Portogallo i salari sono cambiati marginalmente negli anni.
Rispetto agli stati dell’Europa centrale e orientale, che hanno visto degli aumenti salariali consistenti partendo da livelli molto bassi, i paesi dell’Europa meridionale hanno registrato oscillazioni piuttosto modeste negli anni. In Spagna, il salario medio annuale nel 1990 era pari a circa 36.000 dollari, mentre nel 2020 è arrivato a 38.000. Una situazione analoga è quella del Portogallo, passato da 25.000 dollari di salario medio nel 1995 a poco più di 28.000 nel 2020. Un po’ diverso invece il caso della Grecia che, partendo da circa 21.000 dollari nel 1995, ha registrato un aumento piuttosto importante fino al 2009 (34.000), per poi calare progressivamente.
In Italia la retribuzione fatica a migliorare
Rispetto sia ai paesi dell’Europa settentrionale e occidentale che a quelli dell’ex blocco sovietico, negli stati europei più meridionali c’è stata quindi una sostanziale stagnazione dei salari. Questo fenomeno, però, è stato particolarmente evidente in Italia. Qui il maggiore aumento in quanto a entità della retribuzione si è registrato negli anni tra il 1995 e il 2010, in cui si è progressivamente passati da un salario medio annuale di circa 37.000 dollari ad uno di 42.000. Un aumento comunque molto lontano da quello delle altre nazioni europee, se pensiamo che il salario medio irlandese è passato negli stessi anni da circa 31.000 a quasi 50.000 dollari.
Tra il 2012 e il 2019 poi la variazione è stata minima, mentre tra il 2019 e il 2020 c’è stata una diminuzione piuttosto importante, che ha riportato i salari italiani al di sotto dei livelli del 1990, con un calo del 5,9%.
Se all’inizio degli anni ’90 l’Italia era il settimo stato europeo subito dopo la Germania per salari medi annuali, nel 2020 è infatti scesa al tredicesimo posto, sotto a paesi come Francia, Irlanda, Svezia (che negli anni ’90 avevano salari più bassi) e Spagna.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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