Inverno 2021-22: a rischio le forniture energetiche

L’Italia in balia della scarsità mondiale di gas metano indispensabile per i riscaldamenti e per la produzione di energia termoelettrica. 

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I nodi di una politica energetica errante, troppo facilmente esposta alle ubbie pseudoecologiste del momento, stanno venendo al pettine tutti assieme in vista della prossima stagione invernale che vede l’Italia pericolosamente esposta alla carenza globale di gas metano, con il rischio che le forniture energetiche da importazione non riescano a soddisfare la domanda al rialzo derivante dalla messa in funzione degli impianti di riscaldamento e dalla maggiore richiesta di energia elettrica, che nel Belpaese è legata per un buon 45% alla generazione nelle centrali turbogas.

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L’Italia paga lo scotto di avere abbandonato la coltivazione delle proprie risorse energetiche, gas metano in primis, la cui produzione è passata dai 20 miliardi di metri cubi degli Anni Novanta ai poco più di 4 miliardi odierni, a fronte di un consumo di circa 70 miliardi di metri cubi annui. Questo per scelte politiche di piccolo cabotaggio, cui s’aggiungono quelle più recenti di non volere sfruttare gli ingenti giacimenti scoperti nel fondale del mare Adriatico dall’Eni, con il risultato che l’Italia starà a guardare (sempre che non cambi tardivamente la strategia energetica del paese) i paesi della costa orientale pompare gas, quelloitalianocompreso, visto che nel giacimento sotterraneo non esistono confini. Per la serie cornuti e mazziati.

Non solo: l’Italia paga anche il fortissimo rincaro del costo dell’energia, quintuplicato dal 2020, con il gas metano che ha toccato i 55 euro per MWh e, con esso, anche il prezzo dell’energia elettrica a 142 euro/MWh contro la media di 42 euro del 2020. Questi non sono i soli rincari: ci sono anche quelli legati ai permessi di emissione di CO2 che le centrali termoelettriche devono acquistare, passati ora a 63 euro/tonn contro la media di 25 euro del 2020.

Non c’è da stupirsi se il caro energia ha innescato una serie di conseguenze che rischiano di frenare la ripresa economica: si va dall’aumentoconsistente dell’inflazione che rischia di danneggiare i percettori di stipendio fisso alla competitività della manifattura italiana sui mercati internazionali che scontano prezzi dell’energia storicamente inferiori a quelli italiani.

A questi va aggiunta la generale carenza di gas metano in giro per il mondo, vuoi per le manutenzioni straordinarie agli impianti di produzione e trasporto che sono venute a cadere proprio in questo periodo, vuoi per questioni più politiche, come contraltare alle sanzioni europee nei confronti della Russia, con quest’ultima che tiene i rubinetti al minimo sindacale stabilito dai contratti di fornitura.

In questo contesto s’impone la necessità di rivedere le strategie nazionali, andando ad impiegare le riserve nazionali, il cui costo di produzione ammonta a soli 3 centesimi al metro cubo a fronte di un costo all’importazione di 55 centesimi. Una differenza decisamente elevata che comporta anche una forte incidenza sulla bilancia dei pagamenti per circa 8 miliardi di euro all’anno per il mancato utilizzo di una produzione nazionale di circa 15 miliardi di metri cubi, che sarebbero strategici anche per assicurare quel cuscinetto di garanzia nei confronti dei picchi di consumo e di domandadi fornitura insoddisfatta dal mercato.

Come ha giustamente evidenziato il fondatore e presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, in un’intervista a ViViItalia Tv nelle scorse settimane, l’Italia è tra l’incudine e il martello: il sistema energetico nazionale dipende per il 45% della produzione dal gas metano che viene importato per il 90% dall’estero, spesso da paesi a rischio instabilità. Il contributo delle fonti rinnovabili, dopo il boom degli anni scorsi che lo ha portato a soddisfareil 30% della domanda, è fortemente rallentato dalle problematiche ambientali e paesaggistiche legate all’installazione di nuovi aerogeneratori e dei pannelli fotovoltaici. Così, l’unica soluzione è di ricorrere all’importazione di energia elettrica dall’estero, importazioni cresciute del 55% nei primi 7 mesi del 2021, quasi tutte di origine francese dove lì si produce al 90% con le 56 centrali nucleari attive, arrivando a soddisfare ben il 14% dei consumi italiani, davvero molto elevata.

E con l’arrivo della stagione fredda c’è da interrogarsi su come sarà competitivo il sistema turisticobiancoitaliano: una preoccupazione fatta propria anche dal deputato di Forza Italia, Dario Bond, che chiede al governo di rivedere le politiche tariffarie dell’energia consumata nelle zone di montagna, sia per un’indiscutibile fattore di bisogno primario per la sussistenza delle popolazioni che per una mera questione di competitivitàdell’offerta turistica italiana nei confronti di quella austriaca, svizzera e francese.

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.forniture energetiche

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