10 anni di residenza in Trentino per la casa popolare: no della Corte d’appello alla giunta leghista

Nuova bocciatura per Maurizio Fugatti, cui s’aggiunge l’insolita reprimenda da parte del presidente dell’Anm, Spataro, verso un suo commento sull’ingerenza dei magistrati nelle scelte politiche. 

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Il presidente uscente del Trentino, il leghista Maurizio Fugatti.

Povero presidente del Trentino, quel Maurizio Fugatti che guida la prima giunta leghista della storia dell’Autonomia speciale: continuano le legnate della magistratura sulle scelte politiche del suo governo, spesso avventate e giuridicamente infondate, come il caso dei 10 anni di residenza in Trentino per l’accesso alle case popolari.

Dopo le “sberle” della magistratura ordinaria e costituzionale, nuovo round del Tribunale di Trentoconfermata recentemente dalla Corte d’Appello – che ha cassato la scelta politica – la residenza in Trentino era uno dei caposaldi del programma elettorale leghista trentino del 2018 – di assegnare le case di edilizia popolare solo ai residenti continuativi da almeno 10 anni in provincia, definita dai giudici discriminatoria.

Un brutto colpo per l’immagine sempre più appannata di Fugatti, che a commento della sentenza ha perso la trebisonda, parlando in un’intervista ad un quotidiano locale di “una ingerenza del sistema giudiziario sul sistema legislativo” nelle scelte della politbica. Tanto è bastato per fare imbracciare carta e penna al presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati del Trentino Alto Adige, Giuseppe Spadaro, che ha fiocinato il presidente leghista con parole di fuoco.

Spadaro attacca articolando la sua reprimenda a Fugatti: «apprendiamo che autorevole rappresentante politico istituzionale avrebbe utilizzato l’espressione “una ingerenza del sistema giudiziario sul sistema legislativo” con riferimento ad un provvedimento emesso a seguito di ricorso avanzato presso il giudice del lavoro del Tribunale di Trento, peraltro confermato dalla Corte di Appello. Le decisioni giurisdizionali – continua Spadaropossono ovviamente essere condivise o meno, ma mai rappresentano una ingerenza se emesse a seguito di rituale instaurazione di un procedimento giurisdizionale di qualsiasi natura esso sia. Spiace constatare che la massima carica politica istituzionale regionale possa ingenerare nell’opinione pubblica il sospetto che un giudice e, addirittura, anche la Corte di appello possano avere accolto un ricorso instaurato da un libero cittadino al fine di ingerirsi nelle scelte di politica amministrativa. Trattasi di illazione sia tanto grave quanto ingiustificata. Le doglianze avverso una sentenza si fanno valere nelle competenti sedi giurisdizionali specie qualora la parte soccombente rappresenti ai massimi livelli le istituzioni in ambito regionale».

Fugatti paga una certa tracotanza congenita unita ad un’incapacità nel valutare appeno la portata delle decisioni che lui, il governo provinciale e la sua maggioranza prendono, spesso più per partito preso che per oggettive necessità. Dopo il caso clamoroso del divieto di apertura domenicale dei negozi finita cassata dalla Corte Costituzionale ben sapendo che la Provincia non aveva autorità in materia, esponendo l’ente pubblico al rischio di rivalsa per i danni subiti dalla chiusura da parte degli esercenti, ora la nuovasberla” al mancato commercialista di Avio che, nelle more dei ricorsi sulla residenza in Trentino, ha esposto la Provincia anche al pagamento di una bella multa per il provvedimento discriminatorio nell’assegnazione delle case popolari, che aumenterà – dai circa 13.000 euro attuali – per ogni giorno di ritardato adempimento.

Soldi che dovrebbero essere pagati direttamente da Fugatti e dalla sua giunta invece di addossarli alla collettività trentina, perché è palese che tutte le bocciature fin qui avvenute lo sono state per scelte palesemente infondate e contrastanti con il dettato normativo. Una cosa elementare, alla portata di tutti, ma non del governo più sgarrupato della storia dell’Autonomia trentina.

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