«Bologna pare destinata a rimanere nelle mani del centrosinistra, mancando quasi tutte le condizioni che resero possibile la vittoria imprevista di Giorgio Guazzaloca, unico sindaco dal dopoguerra sostenuto dal centrodestra, alle elezioni del giugno 1999: lo ipotizza l’Istituto Cattaneo, centro di ricerca bolognese che ha stilato il dossier “La storia e la mappa elettorale delle grandi città al voto” dedicata all’analisi del voto che, il 3 e 4 ottobre prossimi, vedrà protagoniste alcune tra le principali città italiane, tra cui il capoluogo emiliano romagnolo.
A giudizio dell’Istituto, guardando alla «serie storica dei risultati di tutte le elezioni, Europee, Regionali, Camera, Comunali, svolte dal 1994 ad oggi» emerge come «nella seconda metà degli anni Novanta il centrodestra potesse contare su una “base” di circa il 40% dell’elettorato, cui si aggiunse, già al primo turno delle amministrative, un voto di opinione favorevole al cambiamento che si allargò ulteriormente al secondo turno fino a diventare per uno scarto dello 0,7% maggioranza».
A quel tempo, puntualizza il “Cattaneo”, «ebbero un ruolo determinante la componente politica centrista, allora saldamente parte della coalizione di centrodestra, insieme, soprattutto, al tratto popolare, civico e moderato del candidato, a fronte dei conflitti interni alla classe dirigente dei Democratici di Sinistra e ad una lunga sequenza di errori favoriti dalla aspettativa del gruppo allora a capo del partito che sarebbe stato, in ogni caso, impossibile perdere a Bologna».
Ora, per il “Cattaneo”, «Fabio Battistini, il candidato scelto dal centrodestra per le elezioni del 2021 parte molto più in salita: la base dei consensi su cui può contare l’area politica che lo sostiene si è andata attestando negli ultimi dieci anni, a Bologna, anni intorno al 30%. Pd e centrosinistra fanno affidamento su un bacino elettorale di oltre venti punti percentuali più ampio, a cui si aggiunge il soccorso, non strettamente necessario, dei 5 Stelle».
Analizzando, poi, la serie storica del voto con lo sguardo rivolto, in particolare, alla sua distribuzione geografica, ossia tra i diversi quartieri e le zone che compongono il capoluogo emiliano, a giudizio del “Cattaneo”, rispetto al passato, «l’equilibrio politico tra i residenti in centro, con redditi medio-alti, altamente istruiti, si è modificato a vantaggio della sinistra, soprattutto negli anni 2013-2018. Mentre lo spostamento a destra del voto nelle periferie, particolarmente netto a Milano e Torino, si è verificato in una misura molto attenuata a Bologna».
Nello studio si evidenzia come nel capoluogo emiliano «le zone a più elevato rischio di disagio socioeconomico sono distribuite in più punti della città collocati intorno e non tanto distanti dai viali di circonvallazione che ripercorrono le mura storiche. Le tensioni tra vecchi e nuovi residenti sono generalmente sotto il livello di guardia e soprattutto le aree proprio a ridosso del centro, come la Bolognina, stanno diventando luogo di mescolanza tra immigrati integrati e ceti medi riflessivi in cerca di alloggi a costi accessibili».
Quindi argomenta l’Istituto Cattaneo, «il netto vantaggio che ne consegue, per il centrosinistra, spiega perché a Bologna le primarie» che hanno visto duellare Isabella Conti – sostenuta anche da Renzi – e Matteo Lepore – sostenuto dall’apparato Pd -, con quest’ultimo a prevalere, «sono state, rispetto alle altre grandi città, così combattute: chiunque avesse conquistato la candidatura avrebbe avuto elevate probabilità di ricoprire il ruolo di sindaco. In effetti, stando ai dati disponibili, e considerando la lezione del ’99, – continua il “Cattaneo” – l’esito sembra possa essere invertito solo da una sequenza di errori del candidato scelto con le primarie, per eccessi di autostima e fiducia nella ineluttabilità della vittoria, o da una inattesa capacità del candidato di centrodestra di includere i moderati benestanti e mobilitare gli sfiduciati che vivono in periferia».
Ma a pesare sulla bilancia del consenso potrebbe pure esserci lo scandalo tutto interno al Pd che sta venendo a galla sulle votazioni per le “primarie”, con il consenso addomesticato per fare emergere il candidato supportato dai vertici del partito, con ciò scontentando la base del partito e deludendo moltissimi militanti per il mancato rispetto della democrazia, sempre decantata ma non sempre praticata fino in fondo, almeno dai vertici del partito.
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