L’estate, con il suo talvolta lento e altre volte frenetico scorrere al mare o in montagna, è spesso foriera di riflessioni e di proposte politiche che meritano la giusta attenzione. In questi giorni sono apparsi i primi nomi di coloro che potrebbero portare la bandiera, o le bandiere, del centro-sinistra autonomista trentino nella contesa alla guida della Giunta provinciale di Trento, prevista nell’autunno 2023. Questa prestigiosa poltrona dal 2018 oggi è occupata da Maurizio Fugatti, il leghista che guida una coalizione di centro-destra.
La data dell’ottobre 2023 sembra assai lontana, ma ben sappiamo che i giochi della politica non conoscono tregua, magari più sui nomi dei protagonisti che sui necessari programmi. Ma questo, verrebbe da dire, è abitudine ben consolidata, anche se non del tutto positiva. Del resto, le idee hanno sempre camminato, camminano e sempre cammineranno sulle spalle e con le gambe di donne e di uomini, sperabilmente capaci.
Ecco, quindi, che sui giornali è scattato il toto presidente 2023 da parte dei partiti, grandi e piccoli, che si rifanno al centro–sinistra autonomista (sempre che il PATT rimanga fedele a questa coalizione). La ricandidatura di Fugatti alla guida del centro-destra al momento non sembra avere ostacoli. La voglia di rivincita è tanta, giustamente: tornare a guidare il governo trentino è l’obiettivo primario del centro-sinistra autonomista. Ci sarebbe molto da stupirsi del contrario.
Ciò premesso, avanzo alcune considerazioni e un paio di proposte, al fine di evitare quelli che sono stati gli errori esiziali del passato della coalizione di centro-sinistra.
Una breve premessa. Analizzando senza tanti fronzoli, seppur in estrema sintesi, la storia del centro-sinistra italiano degli ultimi 30/35 anni, capiamo ben presto il perché oggi quest’area politica, molto frantumata e pregna di infausti personalismi, vive o sopravvive di parecchi continui tormenti e spesso di mancanza di una visione condivisa.
Va scritto, opportunamente, che la sola sinistra non è mai stata maggioranza in Italia. Pur avendo contribuito in maniera sostanziale e generosa al progresso conosciuto dal Paese dal secondo dopoguerra ad oggi. L’elettore italiano popolare, riformista, progressista e laico vive oggi un comprensibile disorientamento, spesso non capisce certi linguaggi e conseguentemente il suo disagio è intuibile e palpabile.
Per sua e nostra fortuna, in questi mesi tutt’altro che facili, tutti si affidano alle riconosciute capacità, alla sensibilità e alla determinazione del Premier Mario Draghi e del suo Governo. In poco tempo ha saputo dare risposte concrete a molte questioni, parecchie delle quali in attesa da decenni di una proposta risolutiva. Ce lo ha chiesto l’Unione Europea. Draghi, con grande responsabilità, ha dato e sta dando le attese risposte. E’ un sano “salvagente” per la politica italiana che mi auguro continui il suo lavoro fino alla fine della legislatura, e anche oltre. Questo darà il tempo necessario a tutti i partiti, e in particolare a quelli del centro–sinistra, di ricomporsi e di riqualificarsi verso gli elettori. Non vado a ricercare colpe o eventuali colpevoli del come e perché siamo giunti a questa infausta situazione. Sarebbe inutile e acuirebbe i malumori.
La frantumazione in troppi partiti e partitini rende debole quell’area politica riformatrice, a me vicina, che qui cerco di analizzare e di capire. Il Partito democratico, nato a suo tempo per unire e con un annunciato obiettivo maggioritario, in realtà non solo ha perso in questi anni significativi consensi tra i cittadini, ma è teatro di scontri quotidiani non compresi dagli elettori. Ancor più in un momento in cui le energie, le intelligenze e i valori dovrebbero in primis unirsi per sconfiggere in primis la pandemia e per proporre con chiarezza e con celerità le linee guida per il futuro, vicino e lontano, delle nostre comunità.
E allora, cosa fare? Chi può presentare un’ipotesi politica percorribile, che sappia affascinare e ridare fiducia agli italiani e che possa essere credibile, anche e soprattutto, tra le giovani generazioni. Noi italiani, forse più di altri, siamo affezionati e gelosi di ogni primogenitura, specie in politica. Basta guardare i molti partiti creati ad personam. Il tutto aiutato certamente da una legge elettorale che non facilita certamente le aggregazioni e la scelta diretta dei nostri rappresentanti.
L’Italia paga anche la mancanza della presenza sul proscenio della politica di un soggetto social-democratico o liberal-democratico. Tali filoni di pensiero, nonché grandi incubatori di valori universali, sono stati e sono validi e riconosciuti protagonisti in Europa e in molte altre parti della Terra. Questa identità politica in Italia è mancata, o quantomeno ha avuto saltuariamente solo qualche vano tentativo di affermarsi.
Il Pd, oggigiorno, in tutta onestà, di che anima si alimenta e di quale prospettiva vive? Credo che gli stessi Matteo Renzi, che in parte mi ha deluso, e Carlo Calenda, che stimo su varie proposte e valutazioni, ci starebbero bene in una componente socialdemocratica e liberale. Ma c’è da chiedersi quanto valgano per loro Italia Viva e Azione. Quanto “costerebbe” loro politicamente e personalmente chiudere i loro due partitini? Qui sta per me uno dei noccioli importanti della questione, il vero problema da risolvere: l’eccessiva personalizzazione della politica, che porta inevitabilmente alla frantumazione del consenso e, quindi, del Parlamento e degli enti amministrativi a tutti i livelli territoriali.
Tornando al Trentino, tolta la sconfitta clamorosa del 2018, il centro–sinistra, arricchito dal pensiero e dai valori autonomistici, ha saputo unire piùche altrove da molti decenni le proprie forze e i propri personaggi migliori. Ma la recente débâcle può insegnare molto, ripeto, per non perseverare in errori politicamente fatali.
Il tempo necessario c’è. Bisognerebbe che tutti, dal Pd ad Azione, dai Popolari al PATT, dal PSI a Italia Viva, dai Verdi a LEU, facessero un passo indietro e, in maniera umile e propositiva, si mettessero attorno ad un tavolo. Coinvolgendo i giovani, le menti più aperte al mondo, alla modernità e all’innovazione, le donne, il variegato universo del lavoro, della cultura, della scienza e della tecnica.
Bisogna tornare tra la gente, con umiltà, con disponibilità e con proposte concrete. La conferma viene dalla facilità con cui in poche settimane estive si sono raccolte ben più di 500.000 firme per richiedere un referendum finalizzato a far scegliere il popolo italiano sull’eutanasia legale. Cosa non difficile, tutt’altro, è sempre una questione di buona volontà. È l’unica strada da percorrere, anche qui in Trentino, per sconfiggere, nel 2023 e in futuro, le infauste e ingannevoli forme di populismo rappresentate dal M5S, dalla Lega, da Fratelli d’Italia e dall’ipotetico partito di Giuseppe Conte.
Lancio un invito a chi ricopre ruoli di riferimento nella politica trentina. Consapevoli che anche in politica il tempo vola e, proprio per questo, non ci sembra mai abbastanza. Perché non promuovere da subito in Provincia e nei comuni del Trentino questo tavolo di una rinnovata coalizione proprio in previsione delle elezioni provinciali del 2023? Un passaggio elettorale il cui esito non può più dipendere dal pensiero e dalle convinzioni di pochi!
C’è tutto il tempo per coinvolgere molte persone, delle nostre città e delle nostre valli. Dobbiamo motivare ancor più i cittadini alla partecipazione attraverso le elezioni primarie per la scelta, veramente democratica, del candidato a prossimo presidente della Provincia di Trento. La politica deve tornare ad essere credibile, deve saper stimolare entusiasmo e partecipazione, deve saper provocare il rispettoso confronto, deve saper costruire progetti e risposte convincenti. In una parola deve saper costruire una visione del futuro dell’Autonomia trentina, che è poi il futuro di tutte e di tutti noi che abitiamo tra queste meravigliose montagne.
Se non succederà questo, temo fortemente che anche da noi l’affluenza al voto calerà ulteriormente e la gente si allontanerà ancora di più dalla politica. Sarebbe una grande delusione per tutti, una storica occasione persa e un affronto alla democrazia.
La coalizione politica che ho indicato, che ha sempre vissuto e alimentato i veri valori dell’Autonomia speciale del territorio, avrebbe tutto da guadagnarci da una proposta così costruita, così responsabile, così coinvolgente e così vicina a tutti gli abitanti del Trentino.
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