L’italiano questo sconosciuto: nell’anno in cui si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante, padre riconosciuto della lingua nazionale, ancora tanti, troppi politici non hanno una sufficiente padronanza con l’idioma patrio. E tra questi, eccellono figure come Luigi Di Maio,Giuseppe Conte e anche esponenti della politica locale come la capogruppo della Lega in Consiglio provinciale di Trento, Mara Dalzocchio.
Di Di Maio è noto che da tempo ha dichiarato una guerra personale all’italiano, spesso confondendola con il napoletano con cui ha maggiore confidenza, anche se negli ultimi tempi è migliorato, specie quando è intento a leggere un testo scritto da altri.
Negli ultimi giorni ha stupito l’exploit di Giuseppe Conte nel video appello diffuso sui social a giustificazione della posizione del M5s sulla riforma della giustizia, inanellando in un’unica frase ben due perle grammaticali: «non possiamo tollerare che arrivano dei migranti, addirittura positivi, e vadino in giro liberamente». Una dissertazione che gli ha meritato perfino l’editoriale al vetriolo di una penna argutaed acuminata come quella di Vittorio Feltri su Libero che lo ha messo al muro della vergogna.
E se per un Luca Zaia, governatore del Veneto, nella foga di commentare il successo delle vaccinazioni in Veneto, è scivolato in un lapsus ridicolo «Veneti, andate tutti a vaginarsi», correggendosi subito tra l’ilarità generale, in Trentino c’è un’altra esponente della Lega, la capogruppo in Consiglio provinciale Mara Dalzocchio, che scivola clamorosamente sulla pronuncia di un testo scritto (sperabile che sia solo quello: se fosse anche scritto sarebbe il colmo), confondendo un «radical chic» con un «radical shit», ovvero, ricorrendo a Dante, «radical merda».
Ecco, per persone che vengono pagate dai cittadini oltre 10.000 euro al mese ci si aspetterebbe almeno una conoscenza basilaredell’italiano, quelle stesse conoscenze richieste ai dipendenti pubblici delle mansioni esecutive, senza il quale non si passa. Se il principio vale per i livelli B o C della funzione pubblica, a maggior ragione deve valere per chi è al vertice delle istituzioni.
Ecco come la matita acuminata di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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