Con l’approvazione nei giorni scorsi di un emendamento da parte del Parlamento, si è autorizzata la Cav Spa, Concessioni autostradali venete, società partecipata al 50% da Anas e Regione Veneto, ad espandersi oltre alle tratte già gestite, il passante di Mestre e la Padova–Mestre, ponendo così le basi per la creazione del polo autostradale del NordEst.
Di fatto, come nell’auspicio dei parlamentari veneti che hanno sostenuto la proposta, Cav potrebbe essere anche il veicolo utile per dare una risposta alle concessioni autostradali già scadute del NordEst, ad iniziare da Autobrennero (la cui ennesima proroga scade il prossimo 31 luglio) ed Autovie Venete, come su queste pagine si è già autorevolmente sostenuto. Ciò perché Cav risponde alle esigenze di un azionariato interamente pubblico e a maggioranza statale (tramite l’Anas) per potere avere una concessione diretta “in house” senza passare attraverso una gara pubblica.
La regione Friuli Venezia Giulia, maggiore azionista di Autovie Venete (al 60%; il resto regione Veneto) ha già dichiarato il suo interessea valutare lo scenario Cav e del polo autostradale del NordEst per il rinnovo della concessione in alternativa alla “scatola” già costituita di Autostrade Alto Adriatico. Ovvio che l’entrata in Cav di Autovie Venete vedrà la riduzione della presenza della regione Veneto per fare posto al Friuli Venezia Giulia, essendo obbligatorio che lo Stato sia oltre il 50%.
Stesso discorso potrebbe valere anche per l’Autobrennero, che potrebbe risolvere la gabola in cui è impantanata della liquidazione di quel 17% di soci privati, i quali non accettano la valutazione di liquidazione definita dalla Corte dei conti in 70 milioni di euro, chiedendone almeno il doppio. Essendo la concessione di A22 già ampiamente scaduta, nonostante gli sforzi degli attuali azionisti di cercare in tutti i modi di mantenere in vita Autostrada del Brennero Spa, lo Stato potrebbe tranquillamente fare scadere la proroga del 31 luglio e dirottare la concessione direttamente a Cav. Con buona pace degli azionisti pubblici della regione Trentino Alto Adige(azionista di maggioranza relativa), delle province attraversate (Bolzano, Trento, Verona, Mantova e Modena) di alcuni comuni e di qualche Camera di commercio.
Invece di continuare a perseguire uno scenario ormai passato, gli amministratori pubblici proprietari di Autobrennero farebbero meglio ad accordarsi con Cav scambiando le quote di Autobrennero con una partecipazione di Cav e nel costituendo polo autostradale del NordEst Così, non saranno più proprietari di un’infrastruttura di soli 313 km, ma potrebbero entrare in un sistema più articolato e ricco, che potrebbe crescere ulteriormente dopo il 2026 (forse anche prima) quando scadrà la concessione della Brescia-Padova e della Valdastico.
Chi in Trentino Alto Adige si ostina a perseguire la gestione singola dell’Autobrennero fa un cattivo servizio alla collettività, così come l’ha fatto qualche anno fa, allorquando Banca Intesa mise in vendita le quote dell’autostrada Brescia-Padova, rifiutando di fare l’affaredella vita finito poi in mano agli spagnoli di Abertis (successivamente confluita nell’orbita dei Benetton). Autobrennero poteva realizzare il secondo gruppo autostradale italiano davanti al gruppo Gavio, praticamente a costo zero (Abertis, a fronte di un piccolo anticipo alla stipula del contratto, paga comodamente in soluzione unica a dieci anni dall’acquisto praticamente con i soldi incassati ogni anno dai pedaggi).
Fare come puntano alcuni esponenti locali a difendere ad oltranza la propria manomorta clientelare autostradale invece di partecipare ad un progetto strategico più grande è estremamente miope e preoccupante.
Anche se la soluzione migliore viene ancora dalla Spagna che, al termine delle concessioni autostradali, si è ripresa le infrastrutture costruite ed ammortizzate dai privati mettendole a disposizione degli utenti senza pagamento del pedaggio: sono già oltre 1.100 km e altri ne seguiranno man mano che le concessioni andranno a scadenza. Solo in Italia le concessioni sono di fatto senza fine.
A questo proposito, le tratte autostradali soggette a lavori di ammodernamento e di manutenzione straordinaria dovrebbero prevederel’azzeramento del pedaggio: «non si può pretendere che gli utenti, nonostante la mancata erogazione del servizio di mobilità veloce, debbano continuare a pagare il pedaggio – afferma il deputato Dario Bond (Forza Italia) -. Questo è il caso della tratta da Belluno a Vittorio Veneto Sud, dove i lavori stanno proseguendo da anni trasformando l’autostrada in una normale strada ad una sola corsia di marcia con inevitabili code e rallentamenti, specie nei fine settimana quando aumenta il traffico verso Cortina e la montagna Bellunese. Posto che i lavori di miglioramento e di messa in sicurezza delle infrastrutture sono indispensabili, bisogna chiedersi però come mai il cantiere duri da così tanto tempo. Automobilisti e autotrasportatori sono costretti a rallentamenti e a allungamenti dei tempi di percorrenza, non normali per una autostrada. Per questo è doveroso togliere i costi del pedaggio fintantoché non saranno conclusi i lavori e il tratto di A27 tornerà a essere a tutti gli effetti un’autostrada».
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