La sanità trentina è nuovamente priva di un direttore generale con le confermate dimissioni di Pier Paolo Benetollo a poco più di 8 mesi dal suo insediamento dopo quello che è considerato l’inutile e ingiustificato defenestramento di Paolo Bordon che, privo di adeguate rassicurazioni per il rinnovo del suo mandato, è andato a dirigere la prestigiosa sanità della Usl di Bologna, chiamato direttamente dal presidentedell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.
Benetollo ha confermato in una lettera le sue dimissioni dopo il caso che ha visto la scomparsa di una giovane ginecologa Sara Pedri, che prima di fare perdere le sue tracce – si ipotizza un suicidio, anche se non è ancora stato ritrovato il corpo, ma solo gli oggetti personali abbandonati nell’auto – si era dimessa da dipendente del reparto di ginecologia dell’ospedale di Trento. Un gesto dovuto al clima che si è creato all’interno del reparto, che ha visto perfino un’indagine ministeriale e che è culminata con l’allontanamentoe conferimento di altro incarico del dirigente del reparto, Saverio Tateo, peraltro appena riconfermato dal direttore generale Benetollo, decisione avverso cui si è scagliato il vertice politico della sanità trentina.
«E’ un lavoro complesso, che si può fare solo se si ha serenità d’animo – scrive Benetollo nella lettera di dimissioni al presidente della provincia, il leghista Maurizo Fugatti – forse anche appartengo ad un’altra generazione, in cui i sistemi di relazione erano diversi. In piena serenità quindi ritengo sia meglio per l’azienda e per me tornare al mio lavoro consueto, magari dopo un periodo di ferie, di cui ora ho bisogno; per questo ho riconfermato nei giorni scorsi la mia volontà di dimettermi dall’incarico».
«Continuerò a lavorare con tutte le mie energie e capacità, come ho sempre fatto, nel ruolo che mi verrà assegnato – aggiunge Benetollo -. Per quanto riguarda il caso della dott.ssa Sara Pedri ed il clima nel reparto di Ostetricia Ginecologia di Trento, la mia scelta è stata fin da subito quella di approfondire i fatti, raccogliendo nelle dovute maniere dati e testimonianze, per decidere subito dopo sulla base di questi. Credo che ormai si possa fare, e di aver compiuto quindi anche su questo versante il mio lavoro».
La conferma delle dimissioni di Benetollo giunge a conclusione dei lavori della commissione internadell’Azienda sanitaria che ha cercato di fare chiarezza sul clima e le condizioni di lavoro nel reparto di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dopo la scomparsa della dottoressa Pedri. Commissioneche ha ascoltato le testimonianze di più di 110 persone, oltre ad una corposa documentazione. Gli atti sono poi stati trasmessi al direttore generale.
«Dalla documentazione emergono fatti oggettivi e una situazione di reparto critica che rendononecessario, a partire da lunedì 12 luglio, il trasferimento del direttore dell’ostetricia e ginecologia di Trentoad altra unità operativa e di un altro dirigente medico ad altra struttura ospedaliera dell’Apss – comunica una nota della stessa azienda sanitaria -. Questi provvedimenti sono stati decisi al fine di tutelare la serenitàdelle pazienti, di tutti gli operatori coinvolti e a salvaguardia del buon funzionamento del reparto. La direzione generale invierà gli atti della commissione di indagine all’Ufficio procedimenti disciplinari per l’attivazione del relativo iter. L’unità operativa del Santa Chiara è stata affidata al direttore della struttura complessa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Rovereto che guiderà il reparto a scavalco».
Oltre al cambio al vertice amministrativo della sanità trentina e di uno dei reparti più delicati, quanto accaduto in due anni e mezzo di legislatura a trazione leghista emerge in tutt’evidenza l’inadeguatezzadell’attuale vertice politico della sanità trentina, con l’assessore Stefania Segnana palesemente incapacedi adempiere al suo ruolo, spesso scavalcata pure dal suo “nume protettore”, il presidente della giunta e compagno di partito, Maurizio Fugatti. Proprio quest’ultimo, in carenza di dimissioni spontanee della Segnana, dovrebbe avere il coraggio di porre mano ad un rimpasto corposo e profondo della sua giunta,pena il continuo, inesorabile logoramento che nei prossimi due anni e mezzo aprirà la strada ad una vittoria delle attuali opposizioni di centro sinistra.
Se Fugatti non vuole essere ricordato come il primo leghista ad avere azzoppato l’Autonomia speciale, è ormai indispensabile porre mano agli assetti di governo della Provincia. E pazienza se a farne le spese sarà qualche suo fedelissimo che alla prova dei fatti si è dimostrato inadeguato al ruolo da ricoprire.
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