Manifattura italiana (ed europea) a rischio per mancanza di forniture e speculazioni

Riello: «bisogna tornare ad avere una produzione strategica italiana ed europea per ridurre i rischi». 

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manifattura italiana

La manifattura italiana e mondiale è messa sotto pressione per la mancanza di materiali di base (si pensi all’acciaio e alle sue declinazioni o alle materie plastiche) e dei prodotti elettronici (ad iniziare dai semiconduttori), con fermi alle catene produttive per l’impossibilità degli approvvigionamenti da parte dei fornitori, quasi sempre localizzati in Cina o in Asia.

Una situazione dovuta in gran parte alla programmazione saltata e alla ripresa in grande stile del mercato cinese che ha drenato grandemente molta parte delle risorse prima destinate all’export, oltre che alla mutazione dei consumi durante il periodo della pandemia e, con essi, le priorità dei fornitori di base.

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Tanto per fare un esempio concreto, l’industria automotive è costretta a fermare, rallentare o addirittura sostituire componenti per la mancanza di semiconduttori come quelli che servono per far funzionare i sempre più diffusi schermi o le centraline di bordo perché il rallentamento della produzione di auto fatto registrare nel corso del 2019 e del 2020 ha fatto disdettare parte delle forniture che i produttori hanno dirottato verso altri settori, ad iniziare da quelli dell’intrattenimento e dell’informatica.

Ora che il mercato dell’auto sembra ripartire (soprattutto all’estero), la domanda di semiconduttori è aumentata ma non si trovano forniture adeguate perché nel suo complesso l’industria dell’auto assorbesolo una piccola parte della produzione (meno del 10% su scala globale) e i produttori taiwanesi (quasi monopolisti del prodotto) ci mettono da 6 a 12 mesi a riprogrammare le forniture verso un settore che per loro non costituisce lo sbocco principale. Il risultato è fermi delle linee di montaggio delle auto e corsa a rivedere gli allestimenti, con la sostituzione in molti casi dei cruscotti digitali con quelli analogici vecchio stile.

Una situazione di cui si è accorto anche Giordano Riello, giovane imprenditore già presidente di Confindustria Giovani, appartenente ad una dinastia di industriali manifatturieri nel campo del trattamento dell’aria e del riscaldamento che ha fondato una sua azienda di componentistica elettronica, la Nplus, che da tipica startup del settore è cresciuta rapidamente salvo cozzare verso l’indisponibilità di componenti o il loro prezzo schizzato causa speculazioni da 3 ad oltre 830 dollari.

In questa puntata di “Focus”, Riello analizza le problematiche della manifattura italiana, traendo anche delle conclusioni che dovrebbero essere tenute in seria considerazione dai governanti nazionali e, soprattutto, europei.

Buona visione.

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