Secondo uno studio della Fondazione sviluppo sostenibile e CNA le piccole e medie imprese (Pmi) italiane sono responsabili del 60% delle emissioni di gas serra, ma rischiano di rimanere indietro nella transizione energetica per l’eccesso di burocrazia e la mancanza di strumenti incentivanti a loro dedicati.
L’Italia non potrà centrare gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione, dichiarati dal Governo, senza un pieno coinvolgimento delle Pmi che generano il 60% delle emissioni di CO2 del manifatturiero e delle costruzioni, a conferma del numero elevato di “piccole” nei due comparti, e consumano energia per oltre 16 milioni di tep(tonnellate equivalenti di petrolio), pari al totale di gas utilizzato per riscaldare tutte le case del Paese.
Parallelamente all’analisi quantitativa sui consumi, una ricerca condotta su oltre mille piccole e medie imprese evidenzia che, nell’ambito della transizione energetica, una impresa su due ha effettuato interventi di miglioramento energetico negli ultimi tre anni e la molla principale è il costo dell’energia particolarmente elevato per le Pmi. L’86% del campione che ha eseguito almeno un intervento ha agito sull’efficienza energetica privilegiando gli interventicome illuminazione e climatizzazione. Il 49% ha puntato sulle fonti rinnovabili, soprattutto pannelli fotovoltaici (1 impresa su 3) e pompe di calore (1 su 4).
Solo una su quattro, delle Pmi che hanno effettuato interventi, ha utilizzato incentivi e/o agevolazioni per interventi di riqualificazione energetica e la causa principale è la mancanza di uno strumento ad hoc calibrato sulle loro esigenze.
Tra le cause che ostacolano la scelta di effettuare un intervento spiccano le complessità burocratiche, connesse sia alla realizzazione dell’intervento che di accesso agli incentivi.
Sulla base dello studio, CNA avanza alcune proposte a Governo e Parlamento per promuovere un ruolo più attivo ed efficace delle Pmi nella transizione energetica. Tra queste: 1) riordino del sistema degli incentivi superando la frammentazione e la complessità delle procedure; 2) strumenti a misura di PMI rafforzando il credito d’imposta sostenibile; 3) puntare maggiormente sull’autoproduzione diffusa di piccola taglia; 4) riformare la struttura della bolletta energetica; 5) semplificare le procedure autorizzative e l’iter di accesso agli incentivi.
«Le piccole e medie imprese caratterizzano il nostro sistema produttivo e sono l’anello fondamentale per la crescita degli investimenti orientati al processo di decarbonizzazione – ha detto il presidente della CNA, Daniele Vaccarino -. La ricerca evidenzia che il pieno coinvolgimento delle PMI è condizione necessaria e indispensabile per ridurre le emissioni ma occorre disegnare incentivi a misura di piccole imprese e semplificare le procedure burocratiche».
«Risparmiare sulle bollette per l’energia, elettrica e termica, con diagnosi energetiche e misure di efficienza e risparmio, consumare energia da fonte rinnovabile autoprodotta o prodotta insieme ad altri – ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – può essere un vantaggio per le piccole imprese. Occorre superare gli ostacoli che incontrano le piccole imprese per accedere a questi vantaggi, verificando le possibilità che già esistono e il loro migliore utilizzo e aumentandole anche con nuovi finanziamenti. La generazione distribuita basata su fonti rinnovabili e gli interventi per il risparmio energetico consentono ampie possibilità di lavoro per le piccole imprese purché abbiano o acquisiscano le competenze necessarie. Maggiore attenzione andrebbe quindi dedicata alla qualificazione professionale e all’aggiornamento delle PMI in questi settori, fortemente innovativi e in espansione».
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