Nei prossimi quattro anni la ripresa economica italiana spinta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza(Pnrr) secondo il Centro studi Unimpresa dovrebbe tradursi in 336 miliardi di euro di prodotto interno lordo aggiuntivo: dal 2021 in poi, il Pil italiano salirà costantemente, passando dai 1.651 miliardi del 2020 ai 1.987 miliardi del 2024.
Complessivamente, la crescita, nel quadriennio, consentirà di creare 336 miliardi extra di Pil: 102 miliardi nel 2021 (+6,2%), 98 miliardi nel 2022 (+5,6%), 74 miliardi nel 2023 (+4,0%) e 62 miliardi nel 2024 (3,2%). Per il Centro studi Unimpresa dalla crescita economica dipenderà la sostenibilità del debito pubblico del Paeseche a fine 2024 sfonderà il tetto dei 3.000 miliardi.
«Per la crescita del Paese e per la ricostruzione post pandemia, saranno fondamentali le scelte del governo sull’utilizzo delle risorse del “Recovery Fund” – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -. Quei 221 miliardi di Pnrr in arrivo dall’Unione europea sono cruciali per il nostro futuro, ma occorre uno sforzo non ordinario sia in termini di programmazione sia per quanto riguarda l’attuazione dei progetti e la successiva realizzazione.
Per Ferrara «il governo di Mario Draghi deve progettare e seguire passo-passo l’impiego dei fondi, per i quali sarà importante alzare il livello di guardia sui fenomeni corruttivi: non deve accadere, come in passato, che l’arrivo di risorse così importanti sia il festival della corruzione».
Secondo il Centro studi Unimpresa, che ha analizzato dati dell’ultimo Documento di economia e finanza, il Pil italiano nel 2020 è crollato di 161 miliardi (-9,7%), rispetto al 2019, precipitando a 1.651 miliardi. Nel 2021 si dovrebbe registrare un importante rimbalzo con una crescita del 6,2% rispetto al 2020, da 1.651 miliardi a 1.753 miliardi, con un incremento di 102 miliardi nell’arco dell’anno; altri 98 miliardi in più di Pil dovrebbero essere accumulati nel corso del 2022, quando il Pil dovrebbe salire fino a 1.851 miliardi in aumento del 5,6%, mentre nel 2023 l’aumento dovrebbe essere del 4,0% (+74 miliardi) fino a quota 1.925 miliardi; nel 2024 il Pil dovrebbe crescere del 3,2% (+62 miliardi) arrivando a 1.987 miliardi. In totale, si tratta di una crescita cumulata di 336 miliardi nel quadriennio 2021-2024.
Dalla crescita del Pil dipenderanno le sorti del debito pubblico italiano che nel 2020 si è attestato a 2.573 miliardi, in aumento di 164 miliardi sull’anno precedente (+6,8%); nel 2021, quando si registrerà la crescita più consistente del quinquennio 2020-2024, il debito arriverà a 2.786 miliardi, in salita di 213 miliardi rispetto al 2020 (+8,3%); l’anno prossimo salirà di altri 107 miliardi (+3,8%) e si attesterà a 2.893 miliardi, mentre nel 2023 toccherà quota 2.983 miliardi, con una variazione positiva di 90 miliardi (+6,8%). Nel 2024, infine, sarà superato il tetto dei 3.000 miliardi: 50 miliardi in più (+6,8%) che porteranno il debito a 3.033 miliardi complessivi. Complessivamente, tra il 2020 e il 2025 il debito pubblico è destinato a crescere di 624 miliardi.
Quanto alla sostenibilità, l’anno scorso il debito pubblico italiano è salito, con una inevitabile, impennata al 155,8% del Pil dal 134,6% del 2019. Il picco sarà raggiunto quest’anno con il 159,8%, poi una progressiva, ancorché lenta, discesa nel triennio successivo: 156,3% nel 2022, 155,0% nel 2023 e 152,7 nel 2024. La sostenibilità del debito, in costante crescita, negli auspici del governo, dovrebbe essere garantita da una robusta ripresa dell’economia.
Secondo gli analisti di Unimpresa, «l’attenzione è focalizzata, contemporaneamente, sulla crescita e sulla spesa pubblica: i 221 miliardi complessivi con i quali il governo intende sostenere Pnrr, da un lato contribuiranno, gioco-forza, a gonfiare il debito pubblico, dall’altro saranno decisivi per determinare una crescita importante dell’economia italiana. Se non ci saranno sprechi e se non ci saranno fenomeni corruttivi significativi, l’obiettivo ambizioso del rilancio del nostro Paese».
I dati del Centro studi Unimpresa evidenziano anche un’altra verità: i 221 miliardi del Pnrr hanno un ridotto effetto moltiplicatore proprio a causa dell’inefficienza di gran parte dell’apparato pubblico e dell’arretratezza di molti servizi pubblici di base. E il rischio dietro l’angolo è che il Paese e la sua“macchina” non sia in grado di realizzare gli investimenti finanziati dall’Unione Europea nei terminidell’accordo, soprattutto a causa delle pastoie burocratiche.
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