Pensioni: ora il governo Draghi scopra le carte

Ancora troppe incertezze sul futuro previdenziale dopo “quota 100”: scalone o no?  Di Mauro Marino, nato a Peschiera del Garda ed esperto in economia

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Sono ormai quasi tre mesi che il nuovo governo Draghi si è insediato a Palazzo Chigi, il piano vaccini finalmente grazie al generale Figliuolo ha cominciato ad andare speditamente, i numeri della pandemia lentissimamente stanno cominciando a scendere e si comincia ad intravedere una piccola luce in fondo al tunnel ma ancora poco in fatto di pensioni.

Tra le cose che si chiedevano a Draghi oltre alla presentazione dei piani del Piano nazionale di ripartenza e resilienza (Pnrr), allo sblocco delle grandi opere pubbliche, alla digitalizzazione del Paese, al piano per la sostenibilità ci sono le riforme che l’Italia aspetta da decenni. Una di queste è la riforma previdenziale.

Dopo un iniziale diniego del ministro del Lavoro Orlando che inizialmente ha snobbato il problema previdenziale rimandando di fatto il problema all’autunno perché prima, secondo lui, era necessario affrontare i temi del lavoro causati dalla pandemia, adesso dopo forti pressioni sindacali e politiche è stato costretto a cedere ed ha affermato che nei prossimi giorni convocherà le parti sociali per affrontare lo spinoso tema delle pensioni.

La scintilla che ha causato un nuovo impulso all’argomento pensioni è stata il Pnrr dove, probabilmente per fare un favore all’Europa, era espressamente indicato che “quota 100” sarebbe terminata alla fine dell’anno. Poi, probabilmente, Salvini è intervenuto ed infatti nel Pnrr votato dal Parlamento questa frase è stata eliminata. Anzi, Salvini ha subito alzato la posta affermando che con il Covid-19 che ha decimato il lavoro in Italia bisognerebbe andare verso quota 41 anni di contributi indipendentemente dall’età per garantire quel ricambio generazionale di cui l’Italia ha bisogno.

Questo episodio ha fatto scaturire diverse proposte in ambito previdenziale. È sceso in campo l’ex sottosegretario al Lavoro, Alberto Brambilla, proponendo quota 102 (64 anni di età sommati a 38 anni di contributi). Questa proposta strizza l’occhio alle donne, ai “caregiver” ai lavoratori precoci e promette particolare attenzione per istituti come l’isopensione e per i contratti di espansione, mantenendo però l’ossatura della legge Fornero.

Poi si è fatto avanti il presidente dell’Inps Tridico che propone un calcolo della pensione in due fasi. Dando la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a 62/63 anni con almeno venti anni di contributi si determinerebbe una quota A calcolata col metodo contributivo. La rimanente quota B, calcolata sul retributivo, la si otterrebbe al compimento dei 67 anni di età. Inoltre, propone 1 anno in meno di contribuzione per ogni figlio e 1 anno in meno per ogni 10 anni di lavori usuranti.

La proposta sindacale che,, dopo mesi di assoluto silenzio, ha trovato una sintesi propone di introdurre una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni o in alternativa 41 anni di contributi a prescindere dall’età; il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, del lavoro di cura e delle donne dando ad esse un bonus per ogni figlio; l’introduzione di una pensione di garanzia a favore di giovani che hanno carriere molto discontinue; la tutela del potere d’acquisto dei pensionati e il rilancio della previdenza complementare attraverso un altro semestre di silenzio assenso.

Tutto questo improvviso riparlare di pensioni ha costretto il ministro Orlando a modificare i suoi propositi di affrontare l’argomento previdenziale in autunno, molto in ritardo rispetto al termine di “quota 100” alla fine dell’anno, affermando che la Commissione Lavoro ha ripreso i lavori per la separazione tra la previdenza e l’assistenza  e comunicando inoltre che nei prossimi giorni, probabilmente entro la fine di maggio, saranno invitate le parti sociali per affrontare il problema previdenziale.

Adesso il governo Draghi, dopo mesi di silenzio, dovrà necessariamente scoprire le sue carte. Bisognerà vedere se intende seguire le direttive dell’Europa che vorrebbe mantenere l’odiosa legge Fornero operando solamente qualche piccola modifica migliorativa o se invece avrà il coraggio e la forza di operare una legge di ampio respiro, che affronti tutti i complessi temi che angustiano milioni di italiani ed avere così una legge chiara e duratura che metta, finalmente, per sempre, nel cassetto la legge Fornero.

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