Elettrificazione forzata dell’economia: è davvero la migliore scelta possibile?

La politica dell’Unione europea ha imboccato una via che pare solo spostare l’inquinamento dal consumo alla generazione, con quest’ultima decisamente più inquinante. 

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Sono sempre di più coloro che si domandano se la scelta di imbracciare l’elettrificazione spintadell’economia e della società impressa dall’Unione europea sia davvero quella migliore tra quelle possibili. Anche “Lo Schiacciasassise lo domanda, specie alla luce di alcune cifre.

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Secondo lo scenario contenuto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano, nei prossimi 5 anni la produzione di energia sostenibile e rinnovabile dovrebbe crescere di qualcosa come 70 GigaWatt, pari a 70 miliardi di Watt, una quantità di energia spaventosamente grande che, per realizzarla solo con il fotovoltaico, servirebbe installare pannelli su qualcosa come 200.000 ettari di superfice, pari al 2% di quella complessiva del Paese. Con tutti i problemi connessi all’eliminazione dell’impiego agricolo di questa superfice, sempre che non si riesca a utilizzare i tetti delle serre o dei capannoni industriali sparsi ovunque.

L’elettrificazione è una sfida decisamente alta, specie se si considera che dei 1.880 MW di energia rinnovabile giàpotenzialmente installabile con gli incentivi già deliberati solo il 25% è stato effettivamente autorizzato. Senza considerare che in Italia gli incentivi pubblici viaggiano a livelli decisamente più alti rispetti ad altri paesi europei: gli incentivi che gli italiani pagano nelle loro bollette – tra le più care d’Europa – pesano per 68 euro a megawattora contro i 25 euro della Spagna.

Che dire dell’auto elettrica dove soprattutto le case costruttrici con forte presenza cinese nel loro azionariato spingono per la loro diffusione? A parte il costo ancora decisamente più elevato, al netto dei ricchissimi contributi pubblici (fino a 16.000 euro: una follia!), i maggiori vincoli di utilizzo per la ridotta autonomia e i lunghi tempi di ricarica, c’è anche il fattore costo e inquinamento dell’energia utilizzata per muoverle.

Quanto alla voce costo, il kWh erogato dai punti di ricarica pubblici schizza dai 20 cent/kWh della tariffa domestica fino a 78 cent/kWh. Se si assume che un kWhrende” su strada tra i 4 e i 5 km, il costo di convenienza rispetto ad un veicolo termico Euro6 Diesel è presto fatto: per fare 20 km basta un litro di gasolio a circa 1,5 euro di costo mentre con l’elettrico se ne vanno almeno 3,12 euro.

Quanto all’impatto ambientale, la diffusione dei veicoli elettrici sposta semplicemente l’inquinamento dallo scappamento dell’auto alla ciminiera della centrale termoelettrica, visto che in Europa ancora oltre il 40% della generazione elettrica è assicurata da fonti fossili, in molti casi in forti percentuali dal carbone. Sull’altro versante, se si diffondessero meglio di oggi i carburanti a basso tenore di inquinanti, spesso di origine da biomasse di scarto o da riciclaggio, che possono essere utilizzati da subito con la stessa rete distributiva su decine di milioni di veicoli già circolanti conto le poche centinaia di quelli elettrici, l’inquinamento attuale potrebbe da subito essere ridotto a costi inferiori.

Ecco, se si facessero delle scelte a ragion veduta, cosa che la politica troppo spesso non vi riesce trascinata più dalla pancia e dai preconcetti, si sarebbe dovuto incentivare prima la diffusione di carburanti a basso tenore inquinante che utilizzano, tra l’altro, una tecnologia sviluppata in Europa e in Italia invece che in Cina, che hanno anche il vantaggio di non incidere sull’occupazione, per poi progressivamente allargarsi all’elettrificazione una volta che la tecnologia avrà superato le odierne difficoltà connesse con il costo delle batterie, la loro sicurezza intrinseca e la ridotta autonomia.

Ecco come la matita graffiante di Domenico La Cava vede l’elettrificazione a tappe forzate.elettrificazione

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