Inchiesta Procura Padova su forniture test rapidi Covid-19 in Veneto

La denuncia nella trasmissione “Report” apre uno squarcio su una ricerca non ufficiale del prof. Crisanti circa l’efficacia dei test rapidi.

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test rapido

La Procura di Padova ha aperto un’inchiesta per verificare se i test rapidi Covid-19 utilizzati a tappeto in Veneto siano affidabili, o se siano in grado di rispettare le prestazioni diagnostiche promesse delle aziende farmaceutiche. 

L’ipotesi sulla quale si sta procedendo è di frode in pubbliche forniture. L”apertura del fascicolo, affidato al Pm Benedetto Roberti, risalirebbe ad alcune settimane fa e sarebbero già state ascoltate alcune persone “informate sui fatti”. 

Sulla precisione dei test antigenici (di prima e seconda generazione) nel rilevare il Covid-19 e sulla loro comparabilità con i molecolari è in corso da mesi una dura polemica tra il prof. Andrea Crisanti, autore di uno studio che ne mette in dubbio l’efficacia, e la Regione Veneto, che ha largamente utilizzato i tamponirapidi”.

Il microbiologo dell’Università di Padova sarebbe tra le persone già ascoltate dagli investigatori. L’ipotesi da verificare è se i test rapidi possano aver dato una percentuale di falsi negativi più alta di quella promessa, favorendo la circolazione di soggetti, soprattutto nelle Rsa, che in realtà potevano non essere negativi al virus. Una tesi rilanciata anche dall’ultima puntata della trasmissione di RaiTreReport”, con un fuori onda nel quale il direttore della sanità veneta, Luciano Flor, ammetterebbe di avere in sostanza nascosto lo studio di Crisanti, per timore di ripercussioni giudiziarie da parte dell’azienda che produce i test rapidi.

Da parte sua, il governatore veneto, Luca Zaia, ha detto di “«non sapere nulla» dell’inchiesta della Procura di Padova sull’efficacia dei test rapidi anti Covid-19 utilizzati dalla Regione e, rispondendo ai giornalisti, ha aggiunto che né lui né i suoi collaboratori sono stati contattati dai magistrati. «Le carte – ha spiegato Zaia – vedono comunicazioni tra dirigenti». 

Secondo Zaia se vi sarà qualcuno che ufficialmente «chiarirà che i test Abott, usati in tutto il mondo, non funzionano, ma deve scriverlo ufficialmente, la Procura a quel punto potrà dire se c’è qualcuno che deve pagare il conto. Noi abbiamo fatto il nostro dovere, siamo siamo qui a rispondere».

La questione viene cavalcata dal gruppo regionale del Pd: «apprendiamo la notizia dell’apertura di un’indagine della Procura di Padova per verificare l’affidabilità dei test rapidi per il Covid-19, con l’ipotesi di frode in pubbliche forniture. Attendiamo gli esiti del lavoro della magistratura, ma ribadiamo che è fondamentale un chiarimento ed una trasparenza totale su questa come su altre vicende relative alla gestione Covid nella nostra regione».

Non solo: «a proposito di chiarezza, vale la pena ricordare che lo scorso 14 gennaio avevamo presentato assieme alle opposizioni un’interrogazione, chiedendo il dettaglio delle forniture di tamponi rapidi acquistati da Azienda Zero da inizio pandemia. Ed evidenziando, al contempo, i contenuti della nota dell’8 gennaio 2021 con la quale il ministero alla Salute comunicava che: “a) sensibilità e specificità dei test di prima e seconda generazione tendono ad essere inferiori a quelli del test molecolare e variano sensibilmente in funzione del momento di prelievo del campione; b) solo i test di ultima generazione (immunofluorescenza con lettura in microfluidica) sembrano mostrare risultati sovrapponibili ai saggi di RT-PCR (molecolari)”».

Per il Pd regionale «nella risposta della Giunta dello scorso 30 marzo sono state rese note le tabelle riepilogative di tutte le tipologie e quantità di test rapidi, suddivisi tra 1°, 2° e 3° generazione, acquistati dall’UOC CRAV di Azienda Zero. Da queste emerge che, su un totale di 9.208.311, i tamponi di 1^ Generazione (Lettura in fluorescenza flusso laterale senza strumento) sono pari a 6.346.500 (ovvero il 69% del totale) e quelli di 2^ Generazione (Lettura in fluorescenza con strumento) ammontano a 746.811 (ovvero l’8% del totale). Di fatto, solo il 23% dei tamponi rapidi acquistati è di 3° generazione, ovvero 2.115.000. Proprio quelli riguardo i quali il Ministero aveva evidenziato che “sembrano mostrare risultati sovrapponibili ai saggi di RT-PCR (molecolari)”. Ci sembra vi sia una forte distanza tra quelle indicazioni e gli acquisti effettuati da Azienda Zero».

Il professor Andrea Crisanti, il 21 ottobre 2020, aveva svolto uno studio, con il supporto dei primari del pronto soccorso di Padova, Vito Cianci, e di malattie infettive Annamaria Cattelan, in grado di evidenziare l’inaffidabilità dei test antigenici. I test rapidi di prima e seconda generazione (oggi superati), secondo Crisanti sbaglierebbero 3 volte su 10.

Tocca ora alla Procura fare luce su tutta la vicenda e chiarire se i test rapidi siano efficaci o meno per individuare il Covid-19.

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