Turismo nel mirino della criminalità organizzata, giro affari 2,2 miliardi

Indagine Demoskopika: con la crisi Covid-19, 4.500 imprese a rischio riciclaggio. L’allarme delle categorie del settore. Bene il NordEst con la minore presenza della criminalità.

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Tetto al denaro contante

Supera i 2,2 miliardi, di cui quasi il 40% concentrati nel Mezzogiorno, il giro d’affari della criminalità organizzata derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico. Lo calcola una ricerca realizzata da Demoskopika. 

Per il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, «il turismo in ginocchio per il Covid fa gola ai sodalizi criminali. Oltre il 13% delle imprese del comparto turistico a rischio fallimento a causa del Covid-19 potrebbe subire le strategie aggressive di infiltrazione economica della criminalità organizzata. La prolungata emergenza, causata dalla pandemia, ha generato una preoccupante crisi di liquidità rendendo le imprese ancora più vulnerabili all’ingresso nel capitale sociale di ingenti quantità di denaro dei sodalizi criminali che necessitano di un rinvestimento legale ad alto valore aggiunto». 

Secondo Rio «in questa direzione le mafie provano a piegare gli imprenditori con allettanti strumenti di welfare criminale capaci di garantire la sopravvivenza aziendale, la copertura dei lievitati livelli di indebitamento, una maggiore solidità finanziaria con il loro ingresso nelle compagini societarie fino all’acquisizione totale della realtà imprenditoriale. Un circuito perverso finalizzato ad un rafforzamento del controllo delle famiglie criminali sul territorio, a un incremento del loro consenso sociale che alimenta gravi comportamenti illegali quali riciclaggio, usura e pratiche estorsive».

Per Demoskopika i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico sono quelli di Campania, Sicilia, Lazio, Calabria, Lombardia e Puglia, mentre le regioni a presentare una minore vulnerabilità di infiltrazione economica criminale sono Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. 

La Campania ha totalizzato il massimo del punteggio (122,9 punti), con 101 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 23,5% sul totale delle strutture turistiche confiscate e oltre 11.000 operazioni finanziarie sospette direttamente imputabili alla criminalità organizzata. A completare l’area caratterizzata da un livello “alto” di infiltrazione economica nel comparto turistico, in relazione a pesi diversi ottenuti sugli indicatori individuati, si collocano Lazio (113,8 punti), Sicilia (110,9 punti), Calabria (108,1 punti), Lombardia (106,6 punti) e Puglia (105,7 punti). Sul versante opposto, sono quattro i sistemi turistici a presentare una minore vulnerabilità di infiltrazione economica: Marche (93,6 punti), Veneto (92,8 punti), Friuli Venezia Giulia (91,2 punti) e Trentino Alto Adige (89,5 punti). 

Dei 2,2 miliardi di euro della stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall’infiltrazione economica nel comparto turistico italiano la ‘ndrangheta è leader con un giro d’affari di 810 milioni, pari al 37% degli introiti complessivi, incalzata dalla camorra con 730 milioni (33%) e, staccata, dalla mafia con 440 (20%). Decisamente più ridotto il “contributo” della criminalità organizzata pugliese e lucana con 220 milioni (10%). 

Quanto alla ripartizione territoriale del giro d’affari malavitoso, nel Mezzogiorno si concentrerebbe il 38% degli introiti criminali, pari a 825 milioni; nel Centro 515 milioni (23%), nel NordOvest con 490 milioni (22%) per chiudere con il NordEst a 370 milioni (17%). 

I dati dello studio Demoskopika sull’infiltrazione criminale nel turismo sono letti con preoccupazione dal ministro al Turismo, Massimo Garavaglia: «è un dato preoccupante, un fenomeno che danneggia pesantemente il comparto composto da imprenditori seri, danneggiati dalla pandemia. Che soffrono così due volte il Covid, sugli affari e sulla concorrenza mafiosa. Il governo sta elaborando formule di finanziamento trasparente in grado di sostenere gli operatori colpiti dall’impatto economico del virus, al fine di renderli impermeabili dalla contaminazione mafiosa».

Allarme anche da parte delle categorie. Per Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti, «i dati non sono inattesi, visto che abbiamo più volte lanciato l’allarme sul rischio infiltrazioni dell’economia e la crisi di liquidità e le difficoltà di accesso al credito, soprattutto per le imprese più piccole, hanno aumentato enormemente il rischio usura, in quanto il settore in quanto da gennaio 2020 o non lavora affatto o lo fa in perdita».

Allarme anche da Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria: «le aziende del turismo, rimaste da un anno senza liquidità, sono le più esposte al rischio infiltrazione della criminalità. Le aziende sono in grandissima difficoltà, con i ristori governativi che non coprono tutta la situazione. L’unica via di uscita è portare a 20 anni il periodo di rimborso dei finanziamenti garantiti dallo Stato a tasso fisso e definito».

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