Il neo ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, fa uscire dalle secche in cui era finito il Pitesai e sblocca l’attività di prospezione degli idrocarburi su terra e in mare, aprendo la via ad una crescita dell’autoproduzione energetica nazionale, magari sfruttando quegli ingenti giacimenti scoperti in Adriatico pochi mesi fa che rischiavano di essere un gentile (e assurdo) regalo di un paese in pesante crisi economica come è l’Italia ai paesi slavi.
Il ministro ha approvato la Valutazione di Impatto Ambientale per 11 nuovi pozzi per idrocarburi, di cui uno anche esplorativo. Il tutto nel mare Adriatico (tra Veneto e Abruzzo), nel canale di Sicilia e, a terra, in Emilia Romagna in provincia di Modena. Inoltre, sempre in Emilia, in provincia di Bologna, ha approvato anche l’avvio della produzione di un pozzo già esistente a metano.
Vengono così sbloccati 7 interventi di prospezione degli idrocarburi presentati negli anni scorsi dai petrolieri delle società Eni (3), Po Valley Operations Pty Ldt (2) e Siam Srl (2). Progetti che per anni, anche dal 2014, erano demagogicamente rimasti fermi al ministero, e che il neoministro Cingolani ha finalmente sbloccato.
Nel dettaglio, le autorizzazioni riguardano un nuovo pozzo Calipso 5dir di fronte ad Ancona (Eni); due nuovi pozzi concessione Teodorico di fronte al delta del Po tra Veneto ed Emilia Romagna (Po Valley Operations Pty Ltd); un nuovo pozzo Donata 1dir tra Abruzzo e Marche, di fronte a S. Benedetto del Tronto (Eni); un nuovo pozzo Lince 1 nel permesso di ricerca Gr13Ag di fronte Licata (Canale di Sicilia – Eni); tre pozzi sulla terraferma in provincia di Modena, concessione Vetta (Siam srl) e altri tre sempre nella provincia di Modena, concessione Barigazzo (Siam) cui si aggiunge la messa in produzione del pozzo Podere Maiara1dir in provincia di Bologna (Po Valley Operations Pty).
La decisione del ministro Cingolani ha fatto scattare la reazione piccata del mondo ambientalista, che parla di rischi per l’ambiente, rischi per la navigazione in mare, rischi per la subsidenza e altre amenità del genere, affermando che la decisione costituisce «una clamorosa marcia indietro sul percorso appena imboccato di tutela dei ambienti sempre più fragili e della transizione energetica con il progressivo abbandono delle fonti fossili».
Proprio la transizione energetica è stata una delle leve che hanno portato il ministero a sbloccare le autorizzazioni, in quanto l’utilizzo del gas metano serve come fonte energetica ponte verso emissioni sempre più contenute e la disponibilità di possibili giacimenti nazionali costituisce, oltre che un risparmio economico, anche un notevole minore impatto ambientale, riducendo le importazioni estere di gas metano, il cui trasporto da lunghe distanze comporta un non trascurabile dispendio energetico.
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