Giustizia o ingiustizia? Fanno discutere gli esiti delle ultime sentenze d’appello

A Milano il processo d’appello Eni finisce in un nulla di fatto con il procuratore generale che sconfessa i PM con un “enorme spreco di risorse». A Genova, l’appello degli sprechi della politica ribalta il primo grado con «il fatto non costituisce reato».

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Le sentenze in ambito penale degli ultimi giorni di diversi processi fanno discutere sulla giustizia italiana e impensieriscono ancora di più sulle modalità con cui vengono svolte le indagini e i processi, tanto da sollecitare l’interesse de “Lo Schiacciasassi”.

A Milano un processo complesso e articolato internazionalmente come quello che ha visto coinvolto l’Eni in un presunto giro di mazzette in Nigeria per assicurarsi un lotto di prospezione petrolifera, partito con notevole battage scandalistico e mettendo sotto inchiesta i vertici di una delle principali società italiane, condannati in primo grado, in appello è finito in un nulla di fatto, con la sentenza di condanna ribaltata e con la richiesta di piena assoluzione perché il fatto non costituisce reato da parte del sostituto procuratore generale che, nell’articolare la sua richiesta di assoluzione, bolla l’operato dei pubblici ministeri con un “enorme spreco di risorse» in un procedimento durato oltre sei anni e che ha maciullato le carriere e le reputazioni di numerosi dirigenti.

A Genova, il processo che in primo grado ha visto condannati numerosi politici regionali per il presunto spreco di denaro pubblico per lo svolgimento del proprio mandato consiliare, è stata ribaltata in appello, con la motivazione del fatto non costituisce reato, anche se nel frattempo sono state azzoppate numerose carriere e stoppati incarichi politici di rilievo.

L’esito così differente nei due gradi di giudizio di due differenti processi – ma lo stesso accade in molti altri procedimenti di giustizia – fa riflettere e ci s’interroga se i magistrati che operano nelle procure operino in base a fatti realmente costituenti reato oppure se il loro operato sia il frutto di un’interpretazione per così dire estensiva delle norme. Già, perché non è possibile che ci sia un procuratore generale che bolla con giudizi così trancianti l’operato dei pubblici ministeri.

C’è da pensare che quanto denunciato da Palamara nel libro inchiesta sulla giustizia italiana scritto da Sallusti ci sia qualcosa di più che semplici insinuazioni, calunnie, millanterie varie, anche perché a qualche settimana dalla sua uscita accompagnata dal boom di vendite non è ancora dato registrare alcuna querela da parte dei soggetti citati con nome e cognome in pratiche che sembrano poco in linea con il dettato delle norme e dell’etica professionale.

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