Anfia, Unrae e Federauto chiedono misure per l’automotive italiano

Favorire la sostenibilità ambientale ed economica attraverso nuovi strumenti di politica industriale, incentivi strutturali per il rinnovo del parco e riforma fiscale sull’auto aziendale.

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Un piano strategico per guidare il mercato automotive italiano verso l’elettrificazione dei veicoli e accelerare gli investimenti per le nuove tecnologie con particolare attenzione all’automazione, alla connettività, alla diffusione delle infrastrutture (pubbliche e domestiche), anche per l’idrogeno: questi gli obiettivi di Anfia, Unrae e Federauto che rivolgono al Governo per imprimere una svolta decisiva per lo sviluppo della mobilità dell’Italia in direzione della sostenibilità ambientale ed economica. 

Le tre principali protagoniste dell’automotive italiano spingono per il rifinanziamento degli incentivi in esaurimento e rendere strutturale fino al 2026 l’ecobonus e prevedere ulteriori incentivi per il ricambio del parco circolante di veicoli destinati al trasporto merci e a quello collettivo di persone. 

Allo stesso tempo, è necessario avviare una complessiva riforma fiscale sul settore, in particolare, per le auto aziendali a sostegno delle imprese italiane oggi penalizzate rispetto agli altri Paesi europei. Con l’occasione è auspicabile anche una rimodulazione del “bollo auto” in chiave ecologica. 

I presidenti delle tre associazioni (Paolo Scudieri di Anfia, Adolfo De Stefani Cosentino di Federauto, Michele Crisci dell’Unrae) hanno evidenziato i dati della crisi indotta dalla pandemia nel 2020, con la perdita del 27,9% di autovetture, del 15,1% di veicoli commerciali, del 14,4% di veicoli industriali, del 21,7% di rimorchi e semirimorchi e del 24,8% di autobus. Gli incentivi approvati hanno mitigato in parte il calo delle immatricolazioni, di cui ha beneficiato anche l’occupazione del settore, registrando quasi 100 milioni di ore di cassa integrazione (più che raddoppiate nel confronto con il 2019) rispetto al totale di circa 3 miliardi di ore dell’intero settore industriale. anfia unrae federauto

La svolta ecologica, su cui da anni investono le Case automobilistiche e l’intera filiera automotive, ha ricevuto impulso positivo dalle misure introdotte in Italia per reagire al “cigno nero” della pandemia. Nel 2020, a fronte di un contestuale incentivo, sono state rottamate 125.000 vetture vetuste ed inquinanti che hanno contribuito ad un risparmio di oltre 61.000 tonnellate di CO2/anno. Nonostante l’avvio della transizione verso la sostenibilità, l’Italia ha ancora il parco circolante autovetture tra i più vecchi d’Europa, con un’età media di 11,5 anni contro gli 8 anni in Regno Unito e i 9 anni in Germania e Francia. All’attuale ritmo di sostituzione, per rinnovare l’intero parco italiano ci vorrebbero 27 anni. Ancora più elevata l’età media dei veicoli industriali (13,6 anni), dei veicoli commerciali (12,5 anni) e degli autobus (12 anni). 

Il beneficio delle misure di sostegno è terminato presto. Gli incentivi per i veicoli commerciali si sono esauriti in pochi giorni, quelli per le autovetture sono in via di esaurimento. Da qui le proposte di Anfia, Unrae e Federauto, che ribadiscono la necessità di un piano strategico per la filiera automotive, con la partecipazione di tutti gli attori del settore, allo scopo di affrontare la transizione cominciando con urgenza a rifinanziare i suddetti incentivi per l’anno in corso. 

«La rivoluzione della mobilità implica, per la nostra filiera, una transizione produttiva che richiede notevoli investimenti in nuove tecnologie – ha detto Scudieri -: non solo elettrico, ma anche idrogeno, connettività, giuda autonoma e digitalizzazione dei processi. Una sfida per cui le aziende necessitano del sostegno di interventi da attuare tramite il “Recovery Plan” per mantenerne alta la competitività e rendere l’Italia attrattiva per nuovi investitori».

Secondo De Stefani Cosentino, «il 2020 ha avuto impatti significativi sulle reti dei venditori che hanno dovuto fronteggiare un pesante calo del fatturato (mediamente -25%) e un azzeramento della redditività aziendale. Il sostegno al mercato introdotto nella seconda parte dell’anno, attraverso gli incentivi destinati alla domanda, ha consentito di arginare le perdite ma la strada per ritornare in equilibrio è ancora tutta in salita. Un deciso cambio di passo, anche per accelerare il rinnovo del parco circolante auto obsoleto e poco sicuro e colmare il gap competitivo con gli altri principali Paesi dell’Europa, è rappresentato dalla riforma della fiscalità auto. La quota delle auto aziendali sul mercato italiano è la più bassa (36%) se confrontata con quella di Germania (62,9%), Regno Unito (54,2%), Francia (53,1%) e Spagna (49,8%) e un intervento sulla percentuale di detraibilità dell’IVA per gli acquisti effettuati da aziende e professionisti e sulla soglia di massima deducibilità dei costi, anche in ottica ecologica, non è più rinviabile. Inoltre, nell’ambito di una strategia complessiva di rilancio del settore automotive risultano imprescindibili una semplificazione e rimodulazione della tassa automobilistica e l’introduzione di misure strutturali con orizzonte temporale medio-lungo per gli investimenti delle imprese di autotrasporto». anfia unrae federauto

«Da anni le Case produttrici destinano importanti investimenti per progettare e costruire la nuova mobilità sostenibile. L’inattesa crisi globale ha ora chiamato in causa anche i governi, perché facciano la loro parte per accelerare il raggiungimento degli obiettivi di uno sviluppo sostenibile che unisca crescita economica e rispetto dell’ambiente – sottolinea Crisci -. Occorre una pianificazione politica per guidare, nel breve e nel lungo periodo, la transizione verso la mobilità ecologica compatibile con le esigenze economiche e sociali di un comparto da sempre trainante per l’economia del nostro Paese. Per questi motivi ribadiamo la richiesta alle istituzioni di rifinanziare gli incentivi per le autovetture nella fascia 61-135 g/km CO2 e per i veicoli commerciali, nonché di rendere strutturale fino al 2026 l’ecobonus per le autovetture fino a 60 g/km CO2. Senza dimenticare i comparti del trasporto merci e persone per i quali è indifferibile l’incremento delle risorse per il rinnovo delle flotte dei veicoli industriali e del parco autobus, con graduale spinta verso le alimentazioni alternative. Infine, è assolutamente urgente modificare la normativa vigente sulle autovetture aziendali in fringe benefit, adeguandola ai nuovi valori di emissione di CO2 in WLTP». 

Fin qui le richieste di costruttori, importatori e rivenditori di auto e veicoli commerciali. Sarebbe stato opportuno che Anfia, Unrae e Federauto avessero fatto anche un passo in più richiamando governo e parlamento verso la realtà, ad iniziare dall’uniformazione degli incentivi su tutto il nuovo parco circolante a standard Euro 6, senza alcuna assurda soglia di limiti emissivi, visto che questi variano da modello a modello anche sulla base dei singoli allestimenti e che le auto ibride con emissioni fino a 60 g/km sono solo un artifizio giuridico ammesso dalle regole di immatricolazione, con il risultato che su strada, a batteria esaurita dopo i 40-50 km di autonomia, i consumi e le emissioni tornano a livelli normali, anche più elevati dei corrispondenti modelli non ibridi più leggeri essendo privi dei quintali aggiuntivi della batteria. Ecco, sarebbe utile passare dalla realtà onirica e sostanzialmente irrealizzabile grillina ad una realtà concreta e attuale, anche per non penalizzare consumatori e filiere produttive con assurdi limiti.

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