Ammonta a quasi 320 miliardi di euro la perdita complessiva di “fatturato” per le aziende e le Partite Iva in Italia, nell’arco del 2020 e il decreto “Sostegni” è insufficiente. Secondo il Centro studi Unimpresa la pandemia Covid-19 e la conseguente interruzione delle attività economiche hanno portato a una contrazione degli incassi del 12,4%. Le aziende (grandi, medie e piccole) hanno perso 312,1 miliardi (-11,8%), mentre Partite Iva e autonomi hanno incassato 7,4 miliardi in meno (-5,9%).
«È una fotografia, la nostra, di una devastazione economica che nasconde, peraltro, un dramma sociale difficilmente calcolabile, almeno nell’immediato. Da parte del governo di Mario Draghi, al quale comunque abbiamo dato il nostro appoggio – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora – serve uno sforzo più incisivo per far fronte ai danni e ai disastri cagionati dai vari confinamenti: il decreto “Sostegni” varato ieri è insufficiente, servono risorse aggiuntive e, soprattutto, occorre far ripartire il Paese al più presto, coi confinamenti più o meno mascherati non andiamo lontano».
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il periodo più difficile e negativo, per fatturati e incassi, coincide con i tre mesi del confinamento dell’anno scorso: meno 50,6 miliardi a marzo (-20,6%), meno 86,2 miliardi ad aprile (-37,1%) e meno 62,4 miliardi a maggio (25,6%). La tendenza è rimasta negativa per tutto il resto dell’anno, anche se con perdite meno accentuate, fino a dicembre, quando si stima che la riduzione del fatturato di aziende e Partite Iva, anche in questo caso legata alle misure restrittive introdotte per contenere la circolazione del virus, sia stata pari a 30,8 miliardi (-14,0%).
Durante l’estate, le perdite sono state più contenute e, pari a 24,6 miliardi a giugno (-10,4%), di 21,5 miliardi a luglio (-8,1%), di 6,7 miliardi ad agosto (-3,9%) e di 9,3 miliardi a settembre (-3,9%): in questo periodo le restrizioni erano state allentate in maniera sensibile e la maggiore mobilità dei cittadini per le ferie ha verosimilmente favorito maggiori spese nel settore turistico, che in ogni caso non hanno compensato i danni generali all’economia italiana.
A ottobre (-9,0%) e novembre (-7,5%), invece, la crisi economica è tornata ad acuirsi con un leggero peggioramento delle difficoltà (con riduzioni, nei due mesi, rispettivamente per 23,2 miliardi e 17,9 miliardi): anche in questo caso il dato fortemente negativo è riconducibile alle restrizioni per la circolazione e per la mobilità delle persone.
Complessivamente la contrazione dei fatturati sarebbe stata ancora più marcata se a gennaio, quando la pandemia non si era ancora manifestata, non ci fosse stato un balzo positivo degli incassi pari a 14,8 miliardi (+7,0%), dei quali 12,1 miliardi (+5,9%) riconducibili alle aziende e 2,8 miliardi (+28,8%) riferibili a partite Iva e autonomi.
Quanto ai settori, il calo maggiore si è registrato per alberghi, bar e ristoranti (-40,3%), mentre è stato del 27,1% per il comparto dell’intrattenimento e dello sport. In controtendenza, invece, sia il settore informazione e comunicazione (+1,6%) sia quello dell’agricoltura (+1,8%).
A livello territoriale, è la Sardegna, in termini percentuali, ad aver avuto l’impatto più forte sulla sua economia (-25,2%), seguita da Friuli Venezia Giulia (-20,3%), Valle d’Aosta (-17,4%) e Lazio (-16,3%). In doppia cifra negativa anche la Liguria (-14,7%), il Piemonte (-14,3%), le Marche (-13,7%), la Lombardia (-12,7%), la Toscana (-10,2%), il Veneto (-10,2%) e l’Emilia Romagna (-10,0%). L’analisi geografica, poi, vede altre 10 regioni e province autonome, tutte con segno negativo, ma con contrazioni delle attività economiche meno accentuate rispetto al resto del Paese: Umbria (-9,5%), Trentino (-7,8%), Abruzzo (-6,4%), Alto Adige (-5,2%), Puglia (-5,0%), Campania (-4,8%), Sicilia (-4,7%), Molise (-4,5%), Calabria (-3,9%), Basilicata (-1,7%). La media del calo di fatturato in Italia è pari al 7,2%.
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