A Roma il primo sciopero nazionale delle Partite Iva

Iniziativa promossa dall'associazione Partite Iva Insieme per Cambiare, un movimento spontaneo nato un anno fa su facebook che oggi raccoglie sui social oltre 450.000 iscritti. Distefano: «il Governo Draghi ci ascolti e impari dalla Germania».

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partite iva

Ad un anno dall’avvio del confinamento pandemico che ha messo in ginocchio l’economia italiana, le Partite Iva sono scese in piazza con il primo sciopero nazionale che si è svolto a Roma, in Piazza del Popolo. 

L’iniziativa è stata promossa dall’associazione Partite Iva Insieme per Cambiare, un movimento spontaneo nato un anno fa su facebook che oggi raccoglie sui social oltre 450.000 iscritti, alla quale hanno aderito, fra le altre, le associazioni Apit, Pin, Movimento Impresa, Italia che Lavora, Robby Giusti Associazione Nazionale Dj, Aias, Aisp, Rete P.Iva, Mio, Conflavoro, Confsal, Fipe/Silb. 

In piazza i promotori dell’iniziativa hanno chiesto l’apertura immediata di un tavolo di concertazione con il Governo Draghi dove affrontare due aspetti principali: lo stato di emergenza sociale e piano programmatico di rilancio. Sul palco si sono succeduti gli interventi dei coordinatori regionali dell’associazione che hanno parlato delle difficoltà che stanno vivendo i lavoratori autonomi, l’identità delle Pmi italiane, il fermo silente dell’indotto, il “Made in Italy”, ma soprattutto sono stati approfonditi tutti i temi hanno ridotto al collasso la maggioranza del popolo italiano a causa di una gestione fallimentare della pandemia durante il governo BisConte. 

«L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di Partite Iva, ben 4,6 milioni di lavoratori autonomi che lo Stato italiano ha da sempre vessato con tasse inique, utilizzandole come bancomat per sanare le falle delle spese folli dovute alla burocrazia – afferma il coordinatore nazionale dell’Associazione Partite Iva Insieme per Cambiare, Angelo Distefano -. Chiediamo al governo Draghi di essere ascoltati e di avviare un percorso immediato di sostegno al lavoro autonomo che includa anche la “pace fiscale”».

L’associazione Partite Iva Insieme per Cambiare ha lanciato da mesi una serie di proposte fra le quali maggiori indennizzi alle attività colpite, la liquidità immediata alle imprese, la riduzione del carico fiscale al 30-35%, la presunzione di innocenza in campo fiscale secondo il principio “nessuno è evasore fino a prova contraria accertata da sentenza definitiva”, il no al pagamento anticipato delle imposte come gli acconti d’imposta che, specie in un periodo di crisi come questo, generano sempre crediti fiscali, la sanatoria dei debiti tributari pendenti in base all’effettiva capacità contributiva di ognuno e dilazioni lunghe (10-15 anni), il no ai limiti all’utilizzo del contante, l’introduzione di ammortizzatori sociali a protezione del reddito anche ai lavoratori autonomi e, infine, la semplificazione della burocrazia che rimane uno dei mali più grandi e costosi del Paese (oltre 200 miliardi all’anno, secondo la Cgia).

Dal palco del primo sciopero nazionale delle Partite Iva e dalla piazza con cartelli a caratteri cubitali l’affermazione più sentita è stata «è facile per chi ha lo stipendio dire agli altri di stare a casa» e «se lavorare non è più un diritto, allora pagare le tasse non è più un dovere», oltre alla richiesta corale di «anno fiscale bianco». primo sciopero nazionale delle partite iva

«Vogliamo spingere l’azione di governo – spiega Distefano -, li vediamo un po’ tentennanti ma mentre loro rinviano ci sono le famiglie da sfamare. È da un anno esatto che siamo chiusi, anche chi è rimasto aperto ha subito sensibili perdite. Non ne possiamo più, ci hanno dato briciole, vediamo provvedimenti continuamente slittati, come il decretoRistori 5” che attende da gennaio l’emanazione. Siamo l’unica parte produttiva di questo Paese che sta subendo la crisi – prosegue Distefano -. Chiediamo solo dignità e di poter lavorare. Ci avete chiuso dandoci briciole, allora chiediamo indennizzi per pagare i debiti che ci hanno fatto accumulare in questi mesi. Chi ci doveva tutelare non l’ha fatto, allora faremo valere i nostri diritti da soli in tutti i palazzi».

Il problema fondamentale emerso con la manifestazione è l’ammontare degli indennizzi al mondo delle imprese e delle Partite Iva: con i vari scostamenti di bilancio approvati nel 2020 pari a 108 miliardi, più i 40 miliardi della Finanziaria 2021 e, ora, con i 32 miliardi di nuovo scostamento approvato il 20 gennaio scorso, soldi che non sono andati tutti al sistema produttivo, hanno coperto mediamente il 30-32% delle perdite causate dalla pandemia, contro una copertura del 60% medio effettuato dalla Germania. È evidente che a pandemia cessata il sistema produttivo nazionale avrà maggiori difficoltà a riprendersi rispetto a quello tedesco, dove il, governo di Berlino ha erogato tempestivamente e senza alcuna richiesta almeno 15.000 euro in contanti ad ogni azienda e Partita Iva attiva. Decisamente un altro mondo, dove l’impresa e le professioni sono rispettate invece di essere trascurate come è accaduto nell’italietta del BisConte e del reddito di cittadinanza a go-go.

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