Progetti infrastrutturali: forum di Confindustria Veneto

Gli imprenditori hanno pronta la lista delle opere prioritarie. Carraro: «il Covid impone revisione critica dei progetti». De Berti: «il Piano regionale dei trasporti è uno strumento dinamico».

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L’emergenza Covid-18 e il cambiamento di scenario nell’economia e nella mobilità dettato dalla pandemia, impone anche al Veneto «una revisione critica dei progetti infrastrutturali» che la regione aveva impostato prima di questi fatti: lo ha detto il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, intervenendo al forumIl Veneto e la sfida infrastrutturale: verso il 2030”, un webinar realizzato da Confindustria Veneto in collaborazione con la regione Veneto con obiettivo di approfondire alcuni importanti aspetti relativi alle infrastrutture e alla mobilità regionale. 

«Il grido di dolore che si sente in questo territorio – ha detto Carraro – è stato ben sintetizzato dal rapporto della Fondazione NordEst, dove si vede quanto sia sentito il problema delle infrastrutture a 360 gradi. Con la Regione avevamo già condiviso e speso alcune parole sul lavoro che avevano svolto sul piano della mobilità, nel quale molte cose si condividevano. Ora è cambiato il mondo, non possiamo nascondere quello che è accaduto negli ultimi anni, abbiamo delle opportunità da ciò che abbiamo imparato e lo ha relazionato bene Draghi nel suo intervento al Parlamento. E questo aspetto pesante della sostenibilità».

Per Carraro «in questo momento di particolare dinamismo della nostra economia e con alcuni fattori che si davano per scontati, come quello demografico, siamo sicuri che le opere che avevamo progettato saranno quelle giuste per i prossimi anni? La salvaguardia dell’ambiente è un tema molto importante, ci siamo concentrati troppo o troppo poco sull’alta velocità ferroviaria? Abbiamo lasciato perdere la rapidità negli spostamenti e quindi come far arrivare le materie prime, e come far arrivare all’estero i nostri prodotti

«Tutto quello che è successo nell’ultimo anno e che sta succedendo nel mondo, ne abbiamo evidenza anche nel “Recovery Plan” – ha sottolineato Carraro – ci impone una revisione critica dei progetti infrastrutturali che abbiamo lanciato. Vogliamo un dialogo con la politica, con i protagonisti che abbiamo invitato. Con i colleghi imprenditori abbiamo selezionato alcune opere che sarebbero fondamentali per la regione». 

Nell’elenco dei progetti infrastrutturali ci sono, tra le altre cose, la necessità di miglioramento dei collegamenti tra aeroporti, e la rete regionale del trasporto ferroviario, il prolungamento a Nord della A31 Valdastico e il suo raccordo con l’A22, e il prolungamento dell’autostrada A27 Alemagna, «indispensabile – ha detto Carraro – anche per le prossime Olimpiadi invernali 2026 la cui mancanza è stata notata da tutti in occasione degli ultimi cCampionati del Mondo di Cortina 2021, e una metropolitana di superficie che potrebbe avvalersi di strutture già realizzate». 

Per Carraro «la nostra non vuole essere una lista della spesa ma un momento di discussione aperto. Siamo qui per dialogare con la politica alla quale toccano le scelte conclusive ma noi imprenditori dobbiamo poter esprimere le nostre problematiche. Spero che questo sia solo il primo di una serie di incontri».

Al forum di Confindustria Veneto sui progetti infrastrutturali hanno partecipato anche il vice presidente e assessore ad infrastrutture e trasporti della Regione Veneto, Elisa De Berti, l’amministratore delegato e direttore generale di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), Vera Fiorani, il responsabile della struttura territoriale di Veneto e Friuli Venezia Giulia di Anas, Mario Liberatore, l’amministratore delegato di Save, Monica Scarpa, ed il commissario straordinario del porto di Venezia e Chioggia, Cinzia Zincone.

Relativamente ad una valutazione della situazione attuale, gli interpellati ritengono che le maggiori criticità risiedano sulle infrastrutture digitali (64,5% è la quota di chi dà una valutazione molto negativa), mentre più mediocre è il giudizio su collegamenti stradali e ferroviari, sia interni (27,1% il voto insufficiente) che verso l’Europa (36,2%). È poi percepita positiva la situazione di interporti (solo il 17,1% i giudizi negativi) e porti (23%). Gli industriali del Veneto, in una classifica di importanza, mettono al primo posto le strade (95,2% le valutazioni comprese fra abbastanza e molto importanti), quota che si riduce al 76,3% per i porti, ultima voce della graduatoria. In relazione agli ostacoli che si ritiene si frappongano maggiormente nella realizzazione delle infrastrutture, gli intervistati sono convinti che essi siano da far risalire principalmente all’assenza di una visione condivisa fra comuni e regione coinvolte nelle opere e quindi alla necessità diffusa di contenere la spesa pubblica in una fase di crisi finanziaria. Non mancano, infine, coloro che ritengono d’intralcio l’opposizione di gruppi di cittadini e una inadeguata considerazione verso l’intervento da parte della classe dirigente locale. 

Per il vicepresidente della regione Veneto, Elisa De Berti, «una cosa che i primi anni mi metteva in difficoltà era che il Veneto fosse diviso in compartimenti stagni. Venivo tirata per la giacchetta da tutti, ma nessuno dialogava tra loro. Da questa situazione è emersa la necessità di mettere in piedi un Piano regionale dei trasporti che forse trent’anni dopo poteva diventare lo strumento strategico e necessario per poter dare una strategia unica in Veneto. Il piano regionale dei trasporti doveva essere dinamico, flessibile, perché da qui al 2030 non sappiamo in Veneto che tipo di mobilità ci sarà, quali necessità vi saranno, in un momento in cui si parla di “smart road”, di investimenti tecnologici, sempre nell’ottica della sostenibilità. Abbiamo quindi lavorato con le università del Veneto e siamo arrivati a realizzare un piano dinamico che fosse in grado, per i prossimi 10 anni, di adattarsi ai cambiamenti. Non sapevamo sarebbe arrivata la pandemia».

È comunque necessario che il Piano regionale per i trasporti non sia «un mero elenco dei progetti infrastrutturali, sennò va a finire che tutti gli interlocutori chiedono interventi per la propria area. Occorre uno studio dei flussi di traffico generale a livello veneto, si deve decidere in base ai numeri, perché altrimenti non si riesce mai a fare sintesi – sottolinea De Berti -. E quanto alle infrastrutture viarie che dovrebbero servire Cortina in occasione delle Olimpiadi invernali 2026, è indispensabile nominare un commissario sull’impronta di quello per il Ponte Morandi, altrimenti non si va da nessuna parte».

Quanto alle autostrade, De Berti si è focalizzata sulla Cav, Concessioni autostradali venete che oggi gestisce solo il Passante di Mestre: i soci di Cav hanno approvato una proposta già inviata al ministero per i Trasporti che, se trasformata in legge, toglierà il vincolo in capo a Cav stessa di gestire solo il Passante di Mestre e di diventare a tutti gli effetti una concessionaria di autostrade. 

«Cav – ha ricordato De Berti – nasce con legge istitutiva nel 2007 per la gestione del Passante, contratto che scade nel 2032. Noi vogliamo non vada a gara e sia rinnovata per ulteriori 30 anni, e per questo presenteremo un piano economico e finanziario per investimenti nella zona di competenza Cav, cioè le tre province di Padova, Treviso e Venezia e l’area di adduzione del Passante. In questo modo si potranno sfruttare investimenti per 1,2 miliardi, oltre a 600 milioni che deriveranno dagli utili previsti nei 30 anni successivi al 2032». Ma con uno scenario di puntare anche a rilevare la concessione Brescia-Padova (oltre all’A31) quando questa andrà a scadenza nel 2026. 

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